Sei ricercatori dell’Unical hanno messo ordine agli ultimi dati disponibili, rivelando disuguaglianze senza paragone in Italia e in Europa

La Calabria è povera, e le sue aree interne ancor di più. Estremo italiano tanto geograficamente quanto statisticamente: proprio come i suoi abitanti, proverbialmente testardi, si ostina ogni volta a figurare agli ultimi posti nelle classifiche nazionali e internazionali. Analizzando i recenti dati Eurostat e recuperando gli studi condotti sul campo, alcune ricercatrici e ricercatori dell’Università della Calabria (Domenico Cersosimo, Emanuela Chiodo, Sabina Licursi, Giorgio Marcello, Rosanna Nisticò, Emanuela Pascuzzi) hanno approfondito la natura della problematica, composta di vari fattori e dimensioni. Tra i risultati, pubblicati sull’autorevole Politiche Sociali de Il Mulino, la centralità delle carenze nella sanità e nell’istruzione nella piaga della povertà e dell’esclusione sociale.
Rischio povertà ed esclusione sociale
Il 2023 ha persino visto la regione insignita del valore più alto a livello europeo in termini di diseguaglianza economica: il reddito percepito dal quinto dei residenti più ricchi è stato 8,5 volte superiore a quello del quinto dei più poveri. I deficit dei servizi di cittadinanza, solitamente accentuati nelle aree interne, assumono qui dimensioni estreme e generalizzate a tutto il territorio; ne sono coinvolti centri e periferie, città e paesi dell’entroterra. Oltre a vantare la maggior percentuale di popolazione a rischio povertà o esclusione sociale in Europa, la Calabria si presenta spaccata nei propri meandri quasi in due società conviventi, che si equivalgono da un punto di vista quantitativo.
È un cittadino su due a rischiare la povertà o l’esclusione sociale: di fatto, metà dei calabresi sopravvive con l’acqua alla gola quotidianamente, mentre l’altra metà gode senza affanni di un relativo benessere materiale.
Ma le polarizzazioni al vecchio Bruzio piacciono; ed ecco che la distanza con la regione italiana più virtuosa svela sfacciatamente un divario senza confronto nel resto del Continente. Se porsi a paragone di chi ci circonda ha senso, notiamo come questo sia dieci volte più ampio di quello in Danimarca, il doppio di Germania e Croazia, oltre il triplo per la Grecia e quasi il quadruplo per la Francia. Nessun altro, nella Penisola, ha registrato un peggioramento nel rischio di povertà, nella bassa intensità lavorativa e nella grave deprivazione materiale tra 2022 e 2023; una botta d’un sol colpo sulle spalle del popolo calabrese.
La marginalizzazione delle aree interne
Dei comuni ivi insistenti, l’80% è definito “area interna”, che tradotto equivale a debolezza quali-quantitativa dei servizi pubblici essenziali (per di più, metà di questi è periferico o ultraperiferico).
Alla base degli svantaggi nel loro accesso al diritto alla salute, a dar retta ai rapporti meno datati, la desertificazione di servizi sanitari e sociosanitari, con i Livelli essenziali di assistenza inferiori alla soglia minima in qualsiasi area di riferimento: prevenzione, assistenza territoriale, assistenza ospedaliera. Poco personale, migrazione fuori regione, rarefazione di punti per la salute mentale e la continuità assistenziale, mortalità infantile accentuata, speranza di vita in buona salute una chimera. Meno sanità fa rima con più malattia; è la scienza a informarci che la mancata cura della propria salute attiva pericolosi processi sociali l’uno conseguenza dell’altro, dai disturbi della psiche all’incrinatura delle relazioni interpersonali, giungendo all’incapacità soggettiva (degrado cognitivo) o impossibilità oggettiva (costrizione a sostenere spese ingenti per curarsi) di gestire proficuamente le risorse di cui si dispone.
Non va meglio sul fronte educativo, dove le evidenze testimoniano una Calabria quasi analfabeta rispetto al resto della Nazione, sia nella lingua italiana sia nelle discipline matematiche. Non facilitano la situazione l’assenza di adeguate infrastrutture, né l’irrilevanza numerica di luoghi culturali.
Questioni registrate altrove fioriscono in specie lungo la punta dello Stivale: elevata frammentazione dei plessi, assenza di un presidio continuativo dei dirigenti scolastici, notevole turnover dei docenti, indirizzi delle secondarie non rispondenti alle vocazioni territoriali. Livelli di scolarizzazione più elevati consentono di conseguire status sociali migliori, oltreché tutelarsi dall’evenienza di cadere in stato di povertà. E con l’Istat che testimonia la relazione inversa intercorrente tra l’incidenza della povertà assoluta e il possesso di alti titoli di studio, ben si intende come questo circolo vizioso condanni la regione a muoversi verso un futuro senza futuro.
Nessuna reattività sociale
Il quadro dipinto, seppur tragico, è reale. Sociologicamente la gente calabra mostra «un basso e persistente livello di reattività sociale», segnalano le autrici e gli autori dell’articolo scientifico. Proprio la risposta meno conveniente ai cancri che attanagliano una terra che merita altro. Là dove non arrivano le istituzioni, focosa dovrebbe sorgere la piena identità della gloria che fummo.