sabato 16 agosto 2025

Povertà ed esclusione sociale in Calabria: tra i motivi le carenze nella sanità e nell’istruzione

Sei ricercatori dell’Unical hanno messo ordine agli ultimi dati disponibili, rivelando disuguaglianze senza paragone in Italia e in Europa


La Calabria è povera, e le sue aree interne ancor di più. Estremo italiano tanto geograficamente quanto statisticamente: proprio come i suoi abitanti, proverbialmente testardi, si ostina ogni volta a figurare agli ultimi posti nelle classifiche nazionali e internazionali. Analizzando i recenti dati Eurostat e recuperando gli studi condotti sul campo, alcune ricercatrici e ricercatori dell’Università della Calabria (Domenico Cersosimo, Emanuela Chiodo, Sabina Licursi, Giorgio Marcello, Rosanna Nisticò, Emanuela Pascuzzi) hanno approfondito la natura della problematica, composta di vari fattori e dimensioni. Tra i risultati, pubblicati sull’autorevole Politiche Sociali de Il Mulino, la centralità delle carenze nella sanità e nell’istruzione nella piaga della povertà e dell’esclusione sociale.


Rischio povertà ed esclusione sociale

Il 2023 ha persino visto la regione insignita del valore più alto a livello europeo in termini di diseguaglianza economica: il reddito percepito dal quinto dei residenti più ricchi è stato 8,5 volte superiore a quello del quinto dei più poveri. I deficit dei servizi di cittadinanza, solitamente accentuati nelle aree interne, assumono qui dimensioni estreme e generalizzate a tutto il territorio; ne sono coinvolti centri e periferie, città e paesi dell’entroterra. Oltre a vantare la maggior percentuale di popolazione a rischio povertà o esclusione sociale in Europa, la Calabria si presenta spaccata nei propri meandri quasi in due società conviventi, che si equivalgono da un punto di vista quantitativo.

È un cittadino su due a rischiare la povertà o l’esclusione sociale: di fatto, metà dei calabresi sopravvive con l’acqua alla gola quotidianamente, mentre l’altra metà gode senza affanni di un relativo benessere materiale.


Ma le polarizzazioni al vecchio Bruzio piacciono; ed ecco che la distanza con la regione italiana più virtuosa svela sfacciatamente un divario senza confronto nel resto del Continente. Se porsi a paragone di chi ci circonda ha senso, notiamo come questo sia dieci volte più ampio di quello in Danimarca, il doppio di Germania e Croazia, oltre il triplo per la Grecia e quasi il quadruplo per la Francia. Nessun altro, nella Penisola, ha registrato un peggioramento nel rischio di povertà, nella bassa intensità lavorativa e nella grave deprivazione materiale tra 2022 e 2023; una botta d’un sol colpo sulle spalle del popolo calabrese.


La marginalizzazione delle aree interne

Dei comuni ivi insistenti, l’80% è definito “area interna”, che tradotto equivale a debolezza quali-quantitativa dei servizi pubblici essenziali (per di più, metà di questi è periferico o ultraperiferico).

Alla base degli svantaggi nel loro accesso al diritto alla salute, a dar retta ai rapporti meno datati, la desertificazione di servizi sanitari e sociosanitari, con i Livelli essenziali di assistenza inferiori alla soglia minima in qualsiasi area di riferimento: prevenzione, assistenza territoriale, assistenza ospedaliera. Poco personale, migrazione fuori regione, rarefazione di punti per la salute mentale e la continuità assistenziale, mortalità infantile accentuata, speranza di vita in buona salute una chimera. Meno sanità fa rima con più malattia; è la scienza a informarci che la mancata cura della propria salute attiva pericolosi processi sociali l’uno conseguenza dell’altro, dai disturbi della psiche all’incrinatura delle relazioni interpersonali, giungendo all’incapacità soggettiva (degrado cognitivo) o impossibilità oggettiva (costrizione a sostenere spese ingenti per curarsi) di gestire proficuamente le risorse di cui si dispone.


Non va meglio sul fronte educativo, dove le evidenze testimoniano una Calabria quasi analfabeta rispetto al resto della Nazione, sia nella lingua italiana sia nelle discipline matematiche. Non facilitano la situazione l’assenza di adeguate infrastrutture, né l’irrilevanza numerica di luoghi culturali.

Questioni registrate altrove fioriscono in specie lungo la punta dello Stivale: elevata frammentazione dei plessi, assenza di un presidio continuativo dei dirigenti scolastici, notevole turnover dei docenti, indirizzi delle secondarie non rispondenti alle vocazioni territoriali. Livelli di scolarizzazione più elevati consentono di conseguire status sociali migliori, oltreché tutelarsi dall’evenienza di cadere in stato di povertà. E con l’Istat che testimonia la relazione inversa intercorrente tra l’incidenza della povertà assoluta e il possesso di alti titoli di studio, ben si intende come questo circolo vizioso condanni la regione a muoversi verso un futuro senza futuro.


Nessuna reattività sociale

Il quadro dipinto, seppur tragico, è reale. Sociologicamente la gente calabra mostra «un basso e persistente livello di reattività sociale», segnalano le autrici e gli autori dell’articolo scientifico. Proprio la risposta meno conveniente ai cancri che attanagliano una terra che merita altro. Là dove non arrivano le istituzioni, focosa dovrebbe sorgere la piena identità della gloria che fummo.

venerdì 15 agosto 2025

Realtà virtuale e app in chiesa: dalla Calabria un’innovativa proposta di rilancio culturale

Un progetto dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria potrebbe fare da apripista verso nuove forme di turismo

Può un progetto culturale di messa in sicurezza trasformarsi in opportunità di valorizzazione turistica? La risposta è affermativa e ci arriva direttamente dal territorio calabrese. Nel centro storico di Gerace si trova la Chiesa di San Giovannello, in stile romanico e romano-orientale, oggetto di un processo di scansione nel contesto del piano Genesis (Gestione del rischio sismico per la valorizzazione turistica dei centri storici del Sud Italia), promosso da più università del Paese. La necessità di proteggere la costruzione dai terremoti non è che il trampolino di lancio per l’implementazione di sistemi innovativi di visita, compresa la fruizione da remoto.


Dalla tutela alla promozione

A illustrare l’iniziativa, con un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of Academic Research Community on Social and Behavioral Science, sono quattro esponenti dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria: Marinella Arena, Serena Buglisi, Daniele Colistra e Angela Quattrocchi. Il gruppo di ricerca afferente a tale Ateneo è intento a indagare il piccolo comune reggino dall’aspetto medievale, concentrandosi sulla cosiddetta “piazza delle tre chiese”, su cui insistono il complesso monumentale di San Francesco d’Assisi e la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, oltre alla già citata.

Scopo dichiarato non è soltanto «la verifica della sicurezza statica e della vulnerabilità degli edifici», né «l’individuazione di sistemi idonei a migliorare il loro comportamento in caso di sisma», quanto a maggior ragione «la definizione di nuove metodologie per la tutela, la salvaguardia e la conservazione, attraverso l’attivazione di tecnologie utili alla corretta gestione e protezione del patrimonio storico-culturale». Si prevedono per turiste e turisti visite guidate, approfondimenti tematici, accesso diretto alle fonti, realtà virtuale e aumentata. È in questo scenario che si scopre l’indispensabilità di un processo di scansione, senza il quale non si potrebbe associare un sistema di dati a un modello digitale: al fruitore gli elementi architettonici devono “parlare”, lasciando trasparire le informazioni utili alla loro comprensione.


Una chiesa con l’avatar digitale

Scorgerla, nel paesaggio, non è facile. La Chiesa di San Giovannello, dall’eloquente vezzeggiativo, è piccola, spoglia ma austera; obnubilata dalle magnificenze che la attorniano. La scelta delle e dei ricercatori è tuttavia ricaduta su di essa per la sua gravità artistica. Analizzata e rilevata con un Laser scanner, se ne è tratta una composizione a nuvola di punti; una restituzione integrale da intendere alla stregua di un gemello digitale, alter ego della chiesa nel mondo virtuale. Da qui è partita la fase successiva del lavoro: sperimentare al computer potenziali strategie comunicative.

Si è così ipotizzato di proiettare sulle pareti parte dell’apparato iconografico che rivestiva, in via congetturale, l’interno dell’architettura sacra. Fra le proposte, quella di posizionare un sensore di movimento attivabile al passaggio del visitatore, che subito si vedrebbe comparire di fronte l’effigie della o del santo originariamente rappresentato sul muro. Ma l’immaginazione si è spinta ancora oltre. Perché non tracciare sul pavimento una griglia luminosa al fine di esplicitare i moduli matematici utilizzati dai costruttori, come ad esempio l’affascinante rettangolo aureo?


Sul tavolo anche un’app

Al vaglio delle autrici e degli autori, anche un’applicazione scaricabile per apprezzare da cellulare una versione più smart della nuvola di punti. Il Piano strategico del turismo 2017-2022 del Ministero per i Beni e le Attività culturali annovera, in mezzo agli obiettivi, l’attrattività e competitività di turismo e cultura. C’è chi si sta impegnando per raggiungerli.

giovedì 7 agosto 2025

Spiagge calabresi, scoperte nuove specie animali: la regione in cima alle classifiche mondiali

Spiccano Catanzaro e Le Castella per varietà e ricchezza. A Pizzo identificati esemplari rari

Diciamo “spiaggia” e pensiamo alle vacanze, al sole da prendere e ai tuffi nell’acqua. Invece “spiaggia” è anche sinonimo di ricerca scientifica, e proprio in queste settimane ci giunge notizia di scoperte eclatanti compiute sulle abbondanti coste calabresi. Si parla di dati che in un baleno ci hanno fatto schizzare in testa alle classifiche planetarie. È accaduto grazie a uno studio pubblicato da Mary Antonio Donatello Todaro (dipartimento di Scienze della Vita presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, National Biodiversity Future Center di Palermo) e Christian Rebecchi (dipartimento di Scienze della Vita presso l’Università di Modena e Reggio Emilia). Il paper è comparso su Biologia Marina Mediterranea, rivista della Società Italiana di Biologia Marina.


A “caccia” di gastrotrichi

Al centro dell’indagine, microscopici (in senso stretto) animali acquatici. Sono comuni fra i sedimenti e i detriti di fondo nelle acque dolci e salate. In particolare nelle sabbie costiere e lungo il confine che separa le alte dalle basse maree. Si chiamano gastrotrichi e vanno ghiotti di alghe, batteri e altri organismi a noi invisibili. Dalla forma variabile, è curioso notare che nelle femmine mature le uova possono raggiungere le dimensioni di circa un terzo o la metà dell’intero corpo. Deformandolo quindi notevolmente. Globalmente ne sono note più o meno 525 specie, almeno 160 delle quali rinvenute pure in Italia.

Nel 1954 vi furono tre segnalazioni che ne identificarono alcune in Calabria, seguite da analisi sporadiche avvenute soprattutto attorno alla metà degli anni Novanta; finora risultavano così presenti in regione soltanto 17 specie, con poche e disomogeneamente dislocate località investigate. I due scienziati hanno perciò deciso di mettersi in gioco nel settembre 2021, con l’obiettivo dichiarato di migliorare le conoscenze faunistiche calabresi. Attenzionando il golfo di Squillace per il mar Ionio e il golfo di Sant’Eufemia per il mar Tirreno, hanno ottenuto risultati oltremodo salienti.


I primati della Calabria

Per due settimane Todaro e Rebecchi si sono spostati tra sette spiagge ioniche (Cropani Marina, Sellia Marina, Le Castella, Praialonga, Soverato, Doganieri e Belcastro) e due tirreniche (Curinga e Pizzo Calabro), prelevando manualmente un paio di litri di sabbia, per il mezzo di barattoli in plastica, dalla zona costiera fino a un massimo di 6 metri sommersi. Tale sabbia, a sentire l’esame granulometrico del sedimento, oscillava tra un livello medio e uno grossolano. Un termometro e un rifrattometro digitale hanno consentito di misurare la temperatura e la salinità del liquido, e successivamente i campioni sono stati trasferiti nel laboratorio da campo. Uno o due giorni si sono mostrati necessari per processarli: per estrarre gli animali dai granelli si è adoperata una soluzione narcotica, utile per separare i componenti sfruttando la forza di gravità. Gli esemplari sono infine stati montati su vetrino al fine di essere studiati in vivo; identificatili, i ricercatori hanno conservato diversi di loro per future indagini di genetica molecolare. E la sorpresa delle conclusioni non li ha che meravigliati.

Ben 41 specie di gastrotrichi sono state rintracciate, con una media di 11 e mezza per località (38 sullo Ionio, 15 sul Tirreno). La fotocamera digitale ad alta risoluzione, di cui era dotato il microscopio, ha documentato questa fauna con 3.000 fotografie, prossimamente rese disponibili dagli autori. Se vogliamo passare ai primati registrati, non taceremo di Contrada Doganieri a Catanzaro, la più ricca con 18 specie, seguita da Le Castella di Isola Capo Rizzuto, con 17: valori che rientrano in assoluto nei più elevati al mondo, spiegabili ponendoli in relazione con la sabbia pulita a granulometria fine, la più idonea alla vita di siffatti esseri. Per la maggior parte, nel complesso, si ha a che fare con specie già note in Italia, non tuttavia nella regione calabrese, per cui il 59% di esse specie sono da ritenersi una novità. Persino alcuni generi, categoria tassinomica superiore alla specie, erano del tutto inediti a queste latitudini.


Specie sconosciute alla scienza?

Lo stupore non finisce qui. A Pizzo si è scoperta la presenza dei rari Diplodasys minor (segnalato nell’Atlantico nord-orientale e nel mar Nero, oltreché nel Mediterraneo) e Urodasys viviparus (segnalato nell’oceano Indiano e nell’Atlantico, oltreché nel Mediterraneo), entrambi tipici degli ambienti marini e del clima subtropicale. Mentre sull’altro versante è spiccato Chaetonotus variosquamatus, anch’esso tipicamente marino ma di clima temperato, particolarmente interessante per la comunità scientifica. Di concerto, si attendono conferme su talune unità apparentemente appartenenti a specie ancora ignote; non sarà tuttavia dirimente per la straordinarietà del paper, che classifica la Calabria come una fra le regioni italiane meglio conosciute nel settore. Un aggiornamento imprescindibile di cui anche le guide turistiche dovranno far tesoro.

sabato 26 luglio 2025

Comuni sciolti per mafia: quali effetti sulla partecipazione politica? Il caso della Calabria

I dati evidenziano i comportamenti ricorrenti della popolazione, in seguito ai provvedimenti statali


«Consiglio comunale sciolto per infiltrazioni mafiose»: titoli del genere hanno smesso di sorprenderci, specialmente in una terra martoriata dalla criminalità come la nostra. Si tratta di provvedimenti sovente dovuti, ma dagli effetti a volte imprevedibili. Quale impatto determinano sulla partecipazione politica della popolazione alle elezioni amministrative? Studiando Calabria, Campania e Puglia, un nuovo lavoro di Alessia Barel per l’Università di Padova, sotto la supervisione di Marco Bertoni (esperto di scienza delle finanze), vi fa luce. Giungendo a una conclusione, per certi versi, preoccupante.


Come funziona uno scioglimento

Non in pochi casi è da indagini di routine che le forze dell’ordine si accorgono di qualcosa che non va. O magari lo si rileva da investigazioni legate al traffico di droga, al riciclaggio di denaro, alle estorsioni ovvero alla collusione. Allertato il prefetto della provincia, questi nomina una commissione trimestrale atta ad analizzare la situazione e produrre un rapporto da presentare alla Presidenza del Consiglio. Si bloccano gli investimenti comunali, si espelle la vecchia amministrazione e la si sostituisce con figure provenienti da fuori regione, in carica sintantoché non si procederà con regolari elezioni. Nel frattempo, ci si occupa privilegiatamente della formazione a prode del personale amministrativo, con la finalità di migliorare la condizione occupazionale e lavorativa della cittadinanza.


La domanda, a fronte di 386 scioglimenti occorsi dall’introduzione della legge, è una: davvero la misura è efficace nel recidere il legame tra mafie ed elettori, condizionati con la forza a votare personalità corrotte? Passando al setaccio i dati elettorali risalenti agli anni 1993-2024 e gli scioglimenti decretati dal 2000 al 2019, l’elaborato va a confrontare i trend della partecipazione al voto, prima e dopo lo stallo politico, fra Comuni sciolti e non sciolti, accoppiando città il più possibile simili rispetto alle caratteristiche popolazionali.


I Comuni sciolti in Calabria e a Vibo

In mezzo ai 50 Consigli calabresi attenzionati, se ne rinvengono 14 vibonesi: Briatico, Fabrizia, Limbadi, Mileto, Mongiana, Nardodipace, Nicotera, Parghelia, Ricadi, San Calogero, San Gregorio d’Ippona, Sant’Onofrio, Soriano Calabro e Tropea. I risultati mettono in evidenza come nella fase successiva all’intervento statale si assista a un calo della partecipazione politica, eventualmente con un suo graduale aumento nei periodi a venire. Per un verso, infatti, lo scioglimento blocca il meccanismo del voto di scambio, privando cittadine e cittadini corrotti dell’interesse nel recarsi alle urne.

Per un altro, poi, il senso civico di chi esprimeva con convinzione la propria posizione potrebbe venir meno, lasciando spazio a sentimenti di delusione e disfattismo, e sviluppando una reazione di rigetto non selettivo (ciò che sembra succedere nella maggioranza della casistica collezionata). L’esito più felice, tuttavia, è quello della ritrovata libera espressione: estinto il potere mafioso, si recupera la facoltà di far valere le proprie opinioni e, di conseguenza, chi si sentiva in passato scoraggiato ritrova lo sprone per tirar fuori dai cassetti la tessera.


Nella cattiva notizia, una speranza

L’ultima evenienza accade, per la verità, di rado, eppure può fungere da attenuante per gli ulteriori meccanismi riscontrati. A differenza dei Comuni non sciolti utilizzati nel paper, fisiologicamente quelli infiltrati non fanno che registrare una immediata diminuzione nell’affluenza alle urne. In ogni caso, lo scopo di sottrarre alle mafie il controllo del territorio è tendenzialmente soddisfatto. La sfida è renderne consapevole la cittadinanza, finalmente padrona del proprio destino.

domenica 20 luglio 2025

Domenico, il santo che protegge dai terremoti: Soriano Calabro e la nascita di un culto mondiale

Un nuovo studio scientifico analizza i documenti prodotti per dare notizia delle scosse del 1638

Non c’è giorno, non c’è istante in cui oggi non si venga tartassati di contenuti e notizie. Ma è un’abitudine vecchia di soli pochi decenni, una manciata di secondi nella plurimillenaria vicenda umana. Nel Seicento il mondo funzionava diversamente. Beatriz Álvarez García, ricercatrice dell’Università Complutense di Madrid, si è chiesta di recente: come ha funzionato il sistema dell’informazione in seguito al terremoto calabrese del 1638? Indagando la storia di Soriano Calabro, a questa domanda ha dato una risposta con uno studio or ora comparso sulla Revista de Historia Moderna, edita dall’Università di Alicante, grazie al progetto europeo “Discompose (Disasters, Communication and Politics in Southwestern Europe)”.


La battaglia dell’informazione

27 marzo e 8 giugno 1638: due potenti terremoti scuotono la costa calabra del Tirreno, apportando ingenti danni in termini di vite e costruzioni. Una sequenza sismica di magnitudo 7 devasta e distrugge una ventina di comuni: tra la popolazione, impanicata, si contano decine di migliaia di vittime. Evento unico e imprevedibile, segnalato nei giorni precedenti dalle eruzioni di Etna e Stromboli, e si immagina anche da un innalzamento del mare, che lasciava presagire un possibile tsunami. Tragedia, è innegabile, però pure fonte di ispirazione per il futuro, modello di gestione per le emergenze. In tale occasione, difatti, le informazioni vengono adeguatamente trasferite dalla sfera riservata dei media governativi e amministrativi, di proprietà della monarchia o della Chiesa, allo spazio pubblico di gazzette e lettere. I canali ufficiali si vedono sorpassati dalla celerità di strumenti nuovi, più immediati nel raggiungere le persone.

Le corti di Napoli e Madrid sono immediatamente allertate, e come risposta si procede a verificare l’entità del fenomeno e promuovere riti religiosi per espiare i peccati commessi, non dimenticando le misure assistenziali per prevenire la diffusione di malattie. E si scatena, nelle tipografie, la gara a chi pubblica prima le notizie del fatto: gli stampatori Clemente Ferroni e Domenico Barbieri se le dànno di santa ragione, e per i testimoni dell’epoca le informazioni circolanti erano talmente numerose che intere pagine erano state riempite di resoconti inaffidabili.


La “propaganda” ecclesiastica

Protagonista di questa piccola rivoluzione informativa, a Soriano Calabro, il priore dell’Ordine domenicano, fra Francesco di Castelvetere: le notizie da lui fornite (redatte in relazioni, sermoni, cronache e documenti d’archivio) costituiscono un’illuminante finestra di conoscenza su quell’anno. A lui dobbiamo la costruzione della memoria culturale della catastrofe da un punto di vista religioso, consentendo l’elaborazione del trauma collettivo interpretandolo quale intervento della Provvidenza.

Già radicata e diffusa era la devozione a San Domenico, latore di immagini miracolose che non a caso proliferavano; evidentemente fu siffatto motivo a proteggere il convento sorianese, lasciato pressoché intonso dalle scosse. L’annuncio del nuovo prodigio si spande a macchia d’olio, raggiungendo la prospiciente Penisola iberica sino a oltrepassare l’Atlantico; d’ora in poi, San Domenico si aggiunge al novero dei beati da invocare per tutelarsi dalla telluricità, una figura tutelare da non ignorare.




Contraddizioni non significative

Poco importava se, in verità, la medesima struttura se la sarebbe vista brutta nei posteriori terremoti del 1659 e del 1783, quando l’edificio verrà completamente abbattuto. Il culto domenicano tuttavia non ne rimarrà toccato, tantoché della sua ricostruzione si discuterà all’estero. La forza della fede che travalica le costrizioni della razionalità.

domenica 13 luglio 2025

Il minuscolo fungo che aiuterà medicina e ambiente: la scoperta in Calabria

Il ceppo del microbo, appena isolato, presenta utili proprietà in più campi, dall’agricoltura fino all’industria: un possibile e versatile alleato

Gli ambienti marini, le mete più desiderate nelle estati infuocate, sono in realtà i luoghi meno frequentati da gran parte dei microrganismi. Si potrebbe dire, tuttavia, che ciò non rappresenti appieno la situazione calabrese: è di questi giorni la notizia che un nuovo fungo è stato individuato nella punta dello Stivale. La scoperta, dai risvolti interessanti, ha visto la pubblicazione sul periodico scientifico Environmental Microbiology Reports ed è avvenuta nel contesto di una campagna di monitoraggio per il Crimac (Centro Ricerche Infrastrutture Marine Avanzate Calabria).


Un fungo adattabile e versatile

L’inedito ceppo di Fusarium proliferatum è stato isolato da un campione prelevato sulle coste della Calabria meridionale, vicino alla foce del fiume Crati. L’indagine è principiata da un monitoraggio igienico-ambientale delle acque e dei sedimenti, il quale ha fatto incetta di un’ampia varietà di esemplari fungini. Il micete in questione, al pari dei propri colleghi, non si mostra ostile nei confronti degli habitat equorei; basti pensare ai macroscopici licheni, tendenzialmente nascosti su scogli o in anfratti. Si ritiene che il microbo si sia adattato da una nicchia terrestre a una salmastra, modificando potenzialmente il metabolismo in risposta allo stress ambientale.

Dal completo sequenziamento del genoma e dalla successiva coltivazione su riso biologico sono emerse utili proprietà antimicrobiche e antiossidanti, in particolare contro i batteri Staphylococcus aureus (il più pericoloso stafilococco) e Listeria monocytogenes (responsabile di varie contaminazioni). La tossicità per l’essere umano, invece, non pare essere significativa, tanto da risultare funzionale ad applicazioni preziose nei campi delle biotecnologie ambientali, industriali e farmaceutiche. Tante piante, questo sì, ne vengono ordinariamente infettate, e certe popolazioni di Fusarium proliferatum sono state scovate in complessi sistemi di distribuzione dell’acqua. Si badi infatti al nome “proliferatum”, che ce lo fa trovare dall’Asia all’Africa, raggiungendo il Nord America senza dimenticare appunto l’Italia. Diversi cereali ne soffrono la patogenicità: le sue micotossine non lasciano scampo.


Organismi da sfruttare a nostro beneficio

Sempre di più, ultimamente, una nutrita molteplicità di specie fungine marine è attenzionata per un impiego nelle industrie biotecnologiche: grazie a composti organici da loro prodotti, rappresentano una promettente fonte di sostanze antimicrobiche, antitumorali, antivirali, antiossidanti e antinfiammatorie. Ne va di conseguenza una straordinaria validità in contesti medici, agricoli e cosmetici.


Oltre a ciò, tali incredibili invasori di habitat estremi sono noti per la capacità di degradare i contaminanti ecologici, comprese le terribili microplastiche. Il vantaggio capitale derivante dall’uso di microrganismi nella produzione di additivi industriali, in paragone ai metodi chimici convenzionali, sta nella minor generazione di rifiuti inquinanti ed emissioni, essendo le temperature più basse. D’altronde, il mondo sanitario sta affrontando la sfida di un aumento degli agenti patogeni multiresistenti, mitigabile esattamente con prodotti naturali alternativi.


Un’analisi molto partecipata

Ben sedici le autrici e gli autori dell’articolo (Antonio Nappo, Michela Salamone, Marco Masi, Michela Morelli, Martina Annunziata, Michele Sonnessa, Alessio Cimmino, Andrea Bosso, Rosanna Culurciello, Ilaria Di Nardo, Elio Pizzo, Maria Costantini, Valerio Zupo, Francesco Aliberti, Marco Guida e Federica Carraturo) e cinque le istituzioni di ricerca coinvolte (Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Bio-Fab Research, Stazione Zoologica “Anton Dohrn” e HoloBiotics).

domenica 6 luglio 2025

Vibo, l’audacia musicale di Lorenzo Muratore: mature sonorità fra classico e contemporaneo

Il giovane compositore è un prolifico autore di brani che attraversano epoche e atmosfere

Passione e ispirazione: è lui stesso a indicare l’essenza primigenia della propria arte musicale. Lorenzo Muratore, vibonese, è un giovane ragazzo che insegue, tra attivismo e cultura, le novità del territorio. La sua formazione liceale, prettamente scientifica, non gli ha mai precluso tuttavia una certa apertura alle arditezze della creatività.


Arte, politica, spiritualità

Lorenzo è un compositore dall’identità alquanto riconoscibile. Con arrangiamenti curati e coerenti, sa offrire a chi ascolta un sapiente connubio di elettronica e acustica. Gli strumenti di cui fa uso si dipanano secondo dinamiche narrative mature: alle tensioni emotive, drammatizzate da strategiche pause silenziose, fanno seguito agnizioni risolutrici; come in ogni storia che si rispetti. Qua e là, e chissà se è solo suggestione, paiono intravedersi riverberi del suo regista preferito, l’insuperato Federico Fellini. Sound cinematografico, da colonna sonora, e pop-ambient, con fiati coinvolgenti in alternativa ai tradizionali e orchestrali archi e tastiere, si fondono a più riprese, allorché ci si sposta sulle sue proposte maggiormente sperimentali per timbri e costruzione. Ne sono un esempio, a tal proposito, interessanti e apprezzabili sonorità jazz che si impongono inattese in alcuni pezzi.


Una sensibilità accesa e variopinta, la quale si manifesta in un ulteriore campo di interesse per il nostro autore, la politica. Socialista convinto, dispera per la disaffezione giovanile alla cosa pubblica, condanna a farsi vivere da qualcun altro che pende minacciosa sulle teste di numerose ragazze e ragazzi d’oggi. Sono le sane ideologie, quali esse siano, a spingere il pedale dell’acceleratore nella crescita delle future classi dirigenti; la sindrome di Peter Pan, il rovescio della medaglia. Ardore per le questioni dell’attualità, compresenti a noi, evitando però il ripiegamento assoluto sul fenomenico. Lorenzo non disdegna lo sguardo sull’invisibile, la disponibilità al metafisico: interi suoi album sono dedicati all’afflato immortale di qualsiasi essere umano, dalla fede cristiana alla spiritualità orientale.


Una musica eccentrica

Il suo repertorio da oltre cento melodie, inciso da indipendente, sviluppa un universo eufonico armonioso e distinto, dallo stile versatile. Ciascun disco (e se ne contano già 25 in soli 6 anni!) rappresenta un microcosmo con precise poetiche e linguaggi. Talmente prolifica, la sua opera, da poterne noi abbozzare una sorta di evoluzione per fasi. Il 2019 è l’anno par excellence classico e contemplativo, con tracce che talvolta si rifanno al barocchismo; Vivaldi e Bach (altrove reinterpretato con tanto di chitarra elettrica) si scorgono nelle architetture del suono. A cavallo con il 2020, quindi, spazio ai territori pop della leggerezza e del groovy: chitarre funky, synth analogici e ritmiche ballabili, salvaguardando comunque una qualità evocativa.


Arriva così il turno dell’intimismo e romanticismo, un approfondimento dell’intimità affettiva dove pure la voce trova un posto di rilievo e la forma si avvicina a quella delle ballad e delle canoniche canzoni d’amore, in mezzo ad arrangiamenti sofisticati e dolci malinconie. Svolta “da club” nel 2024, grazie a un gusto caldo e raffinato dimostrato nell’eseguire il Jazz: gli standard del genere si miscelano a composizioni originali. Per addivenire, in conclusione, al periodo visionario dell’anno in corso, caratterizzato da una direzione inedita, quella dell’ambient metropolitano e di un futurismo dance.


Antico e moderno in Lorenzo Muratore

Miriadi di sfaccettature nel poliedrico Lorenzo Muratore, in cui urgenza espressiva moderna e disciplina compositiva classica si fondono sorprendentemente. Si susseguono cori degni dei migliori fra i colossal, danze tipicamente medievali e rinascimentali, contagiosi rhythm and blues. Una produzione fresca e dai ritmi incalzanti, dove non mancano percussioni di vario tipo. La perfetta compilation per chi travalica gli stantii generi, amando la buona musica al di là di tutto. Una musica che ci sentiamo di poter definire classico-contemporanea.

domenica 29 giugno 2025

Democrazia cristiana, anche calabresi le sue radici: questa e altre chicche svelate da Nunnari

Un libro che trae spunto dalle vicissitudini della Dc per riproporre valori che hanno unito l’Italia


Dalle micro- alla macrostoria. Chi ha la fortuna di vedersi intersecare dai grandi fenomeni storici, o il merito di rendersene protagonista, a un certo punto avverte l’impellenza di doverne parlare. Come accaduto di recente allo scrittore calabrese Domenico Nunnari, partecipando un’esperienza professionale sotto forma di saggio, saggio che procede con ritmo romanzesco.


La genesi di uno studio che mancava

Giornalista Rai e docente universitario, ha privilegiato una carriera incentrata sulla narrazione del Mezzogiorno italiano. In decadi di attività, era inevitabile, ha accumulato moltitudini di libri nella biblioteca personale, ed esattamente in un momento di contemplazione letteraria, nello studio di casa, è sorta l’idea di redigere il dodicesimo testo di una sviluppata produzione editoriale. “Democristiani” (Pellegrini Editore) è venuto alla luce così, mentre l’autore si soffermava sullo scaffale dedicato al più imponente partito che la Repubblica ricordi. Come ogni studioso di fatti politici che si rispetti, a ogni partito ha assegnato un preciso spazio di ricovero, ma quella volta ha quasi per caso tirato fuori dalla polvere un volume con gli atti dei congressi indetti circa dal 1946 al 1966. Un’epoca sideralmente distante da oggi per la caratura degli interventi, tenuti da oratori d’eccezione: eminenti personaggi della cultura, democristiani o no, impiegati missionariamente nella gestione della cosa pubblica.

La storiografia finora lamentava una imbarazzante lacuna a proposito, colmata con tanto di accesso a documenti originali recuperati. In un giubileo mai si registrarono scissioni, solo correnti interne; a queste il compito di riunirsi e portare i frutti del lavoro nei raduni nazionali. Dalle carte emerge che le minoranze ideologiche rispettavano la maggioranza, in qualsiasi caso le decisioni finali non venivano appellate. Nunnari ha voluto dare alla propria opera un taglio catalogico-biografico, passando in rassegna l’era della quarta potenza economica mondiale per il tramite dei considerevoli leader. Con qualche chicca inedita, rimasta celata fra le pieghe del passato.


Una nostalgia diffusa

Il partito scudocrociato era nato prima che finisse la guerra, e in un libello ormai sgualcito è rimasta traccia di un “congressino” tenutosi già nel 1944 a Bari, alla presenza di volenterosi centro-meridionali (il Settentrione era occupato). Senza dimenticare gli incontri clandestini di Milano ancor prima, in pieno conflitto, nel 1942. Vicende curiose di tempi andati? No, secondo un sondaggio di fresca data: il 60-70% in mezzo a chi gode dell’elettorato attivo dichiara una nostalgia per la Democrazia cristiana.


Lo stile asciutto, non emotivamente coinvolto bensì tipicamente cronistico, ne fa un contributo super partes slegato da appartenenze di consorteria. Pur riconoscendo i meriti che la Storia assegna unanimemente alla Dc. L’aver avuto il potere di governare in autonomia non si traduceva in tirannia esclusivistica; non ce lo si poteva permettere, data la capillare estensione nel territorio del Paese. Non spesse volte si era marcata la calabresità insita nella democristianità, consistente nell’origine bruzia per diversi statisti che chiunque anche adesso ricorda. Fonte primaria significa peraltro testimonianza diretta, e Domenico Nunnari da cronista non poteva tralasciare di dialogare vis-à-vis con i familiari viventi di quegli eroi perenni.


Orfani di un’eredità

Nel 1993 l’interminabile epopea si disfece implodendo su se stessa, tuttavia lo scioglimento non fu che l’atto legale di riconoscimento di una morte ben precedente, da far risalire all’omicidio golpistico di Aldo Moro. Dagli anni Novanta, l’Italia è monca di una simile istituzione che faccia sintesi delle variegate istanze provenienti dal tessuto cittadino democratico.