martedì 30 settembre 2025

Reportage di Irene Varì

I prati di Kore

Giorno 30 aprile, insieme ai miei compagni e alla professoressa Preta, mi sono recata di nuovo al castello normanno-svevo di Vibo, stavolta per visitare la mostra “I prati di Kore”. Partiti verso le 10:30, siamo giunti alla méta alle 11:00.
Mentre camminavamo, abbiamo ripassato la storia del castello. Esso è un’imponente fortezza situata sull’acropoli della città. Avviato nell’XI secolo dai Normanni, ha subito nei secoli le influenze di diverse dominazioni, come quella angioina e aragonese. Caratterizzato da imponenti mura, torri e cortile interno e da un camminamento di ronda che offre una suggestiva vista panoramica, che a colpo d’occhio abbraccia mare, monti e tutta la città sottostante. Il castello ha preso origine dai Normanni, che costruirono un torrione come parte del sistema difensivo più esteso. Poi vennero gli Svevi, una dinastia tedesca che regnò sul Regno di Sicilia e di Napoli, dopo la morte dell'ultimo sovrano normanno.
Ruggero fu uno dei più importanti sovrani normanni, fondatore della Contea di Sicilia. Anche se non è specificamente associato alla costruzione del nostro castello, la sua influenza si sente, come d’altronde la presenza normanna a Mileto, Arena, e in generale nella zona delle Serre vibonesi. Ruggero creò un potente regno nel Mezzogiorno, dove contribuì alla fusione delle culture normanna, latina e araba.
Nel XIII secolo, Federico II di Svevia fu uno degli imperatori più noti del Medioevo europeo, ed era detto “Stupor mundi”. Imperatore del Sacro Romano Impero, si può considerare il successore di Carlo Magno. Fu re di Sicilia fino alla sua morte (1250). Certo fu più direttamente coinvolto nella costruzione del castello di Vibo, lasciandovi un’impronta indelebile. Secondo me il castello è davvero impressionante sia dal punto di vista storico che architettonico, testimonianza affascinante del passato. Entrarvi è come fare un viaggio nel tempo!
Sul prato antistante il castello, seduti in circolo, abbiamo narrato una leggenda del volgo. Il popolo di Monteleone infatti trasmette una favola che la nostra prof. ha conchiuso nella “Ballata di Diana Recco”, recitata in vernacolo. Si narra che i Sette Martiri di Monteleone, schierati contro i duchi Pignatelli, sono decapitati. A guardare inorridita le sette teste che pendono dai merli del ‘superbo maniero’ c’è una bambina: Diana Recco, che aspetta dieci anni per vendicarsi, essendo figlia e la sorella di due dei sette eroi uccisi. Damigella alla corte ducale dei Pignatelli, bella popolana che tutti vorrebbero amare, si mantiene illibata perché così la sua vendetta avrà senso se non sarà legata a nessuno, libera di scegliere la “bella morte”. Al matrimonio della figlia del barone Lo Tufo - che aveva infeudato per conto dei Pignatelli la civitas a tradimento – pugnala a morte quest’ultimo, fautore della decapitazione dei martiri di Monteleone. Una leggenda legata al castello, che eternizza la nostra civica paladina!
Quindi la prof. ci ha illustrato la mostra I Prati di Kore. Il mito di Kore, o Persefone è uno dei più affascinanti del pantheon greco. Kore era la figlia di Demetra, la dea della fertilità e dell'agricoltura. Figura di bellezza straordinaria, rappresentava la primavera e la rinascita. Un giorno, mentre raccoglieva fiori in un prato, fu rapita da Ade, il dio degli inferi, che se ne innamorò. Non era sola al momento del rapimento, con lei vi erano le compagne, le Ninfe. Ade la portò con sé negli inferi, dove la convinse a diventare sua regina, offrendole il frutto del melograno, che rappresentava il legame tra sposi. La madre Demetra, disperata, fece diventare la terra sterile, causando una terribile carestia. Gli dei intervennero per evitare il disastro e convinsero Ade a restituirle Kore, ma poiché aveva mangiato i semi del melograno, doveva rimanere con lo sposo per una parte dell'anno. Così, Kore trascorreva sei mesi con sua madre sulla terra, durante la quale la natura rifioriva e si manifestava la primavera, e l'altra parte dell'anno con Ade negli inferi, e la terra ‘si addormentava’ e iniziava l'autunno e a seguire l’inverno.
I Greci identificarono proprio le campagne di Hipponion come luogo del mitico rapimento di Kore, poiché qui, più che altrove, era particolarmente radicato il culto della dea, perché Hipponion era “figlia” di Locri, dove Persefone era veneratissima. Le ipponiati la adoravano, indossando, durante le feste in suo onore, corone di fiori uguali a quelle intrecciate dalla dea al momento del rapimento.
Ecco spiegato il titolo della mostra: I prati di Kore, che muta l'area verde del museo vibonese in un giardino delle delizie! Essa nasce dalla volontà di far riscoprire la figura femminile antica. La storia ci svela che quella greca antica fu una società patriarcale. Ai soli uomini della polis era riservata ogni libertà, mentre le donne vivevano nel gineceo, recluse nell’oikos. Tanti però sono i personaggi femminili che dimostrano di essere liberi sia nella letteratura (Elena, Penelope, Clitemnestra, Antigone… e molte altre) come nel campo religioso, appunto Persefone o Artemide. Senza donne così non sapremmo cosa siano l’amore, il dolore, la colpa. Le figure femminili ne “I prati di Kore” diventano simboli di fertilità, rinascita e protezione della natura. Recita il sottotitolo: Storie di antiche donne vibonesi. Ospiti della torre del castello, elle riprendono vita per noi!
Inoltre Hipponion, insieme a Terina, antica Lamezia, venerava una dea misteriosa: Pandina Eiponieon, “Pandina degli Ipponiati”: così viene definita la divinità raffigurata sulle monete in bronzo che la polis emette tra la fine dei IV e gli inizi del III secolo a.C. La dea è vestita con una lunga tunica, al di sopra della quale indossa una corta veste aderente con scollo a V, fermata in vita da una cintura che mette in risalto le forme. In testa è presente nella gran parte dell’iconografia un diadema, segno regale. Secondo una leggenda, a Hipponion era “La Giustiziera”, una figura imperiosa di dea vendicatrice quale appare sulle monete. Il suo nome in greco antico vuol dire: “Tutta paura” o “Straordinaria”. Esiste, inoltre, la favola orale di Pandina. Donna di straordinaria bellezza, la sua vita fu segnata da una profezia che predisse la distruzione della terra natale. Pandina decise di fare tutto ciò che era in suo potere per proteggere il popolo e si rivolse agli dei per chiedere aiuto e fu ricompensata con poteri magici, ma morì in battaglia. Un’altra leggenda intrisa di coraggio e sacrificio per il bene comune.
Il castello, luogo perfetto da esplorare per riflettere sulla storia, ospita dunque un tesoro!
Visitare la mostra è stata un’esperienza indimenticabile, che ha permesso di connettermi con l’Antichità che studio sui libri di Greco e Latino. “I prati di Kore” è un’iniziativa che unisce la bellezza della natura circostante il castello con la creatività che permette di rileggere l’Antichità con l’idea di trasformare uno spazio verde in un luogo per celebrare Kore, associata alla primavera e alla rinascita. Credo che sia un esempio positivo quando il passato e il contemporaneo interagiscono, arricchendo il patrimonio culturale della comunità e offrendo nuove prospettive sulla relazione tra arte, natura e mitologia.
Questa giornata al castello mi ha davvero acculturata! Acculturarsi è fondamentale perché dà la possibilità di ampliare le prospettive su ciò che è possibile raggiungere nella vita. La mia gratitudine alla professoressa per averci accompagnati al castello. Grazie alla sua guida entusiastica, abbiamo vissuto un'esperienza educativa. La sua passione per l'arte e la cultura ha reso la visita ancora più speciale!

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