martedì 28 ottobre 2025

Reportage di Benedetta Pizzonia

I prati di Kore

Martedì 30 aprile la professoressa Preta ha condotto la mia classe al Castello di Vibo Valentia e ci ha ripercorso la sua storia.
Dopo la rifondazione dei Normanni, seguita alle invasioni dei turchi che avevano devastato il territorio, rapito e violentato le donne condotte nei loro emirati per farne delle odalische, trucidato uomini, sgozzato bambini, arrivarono i teutonici, gli imperatori Svevi.
Nella metà del XIII secolo essi decisero di insediarsi nel Sud Italia, tra Puglia, Basilicata, parte della Campania, Calabria (antica Magna Grecia) e Sicilia. Federico II di Svevia è il vero costruttore del nostro castello. Prima vi era solo una torre di guardia normanna. Ciò è detto dal cronista Goffredo Malaterra, lo storico di Ruggero il Normanno, arrivato nella città cristiana chiamata Vibona, ossia la vecchia Hipponion, devastata dalle incursioni del X secolo d.C. (saracene, musulmane e arabe). Il conte di Sicilia e Calabria volle scommettere su tale territorio, anche sbagliando, innalzando una torre a forma di sperone, in direzione del Cofino, dove si trovavano i resti del santuario dedicato a Demetra e la figlia Kore, che lui spogliò del tutto, privando della cattedrale episcopale Vibona, che portò a Mileto (sua capitale). Ma il sisma del febbraio 1783 rase al suolo la sua Mileto ma non distrusse la torre di Monteleone.
Sebbene il castello sia intitolato a Ruggero il Normanno, i monteleonesi non amarono la sua figura e secondo la leggenda (in dialetto faragula) egli è destinato per una malia a restare sepolto in uno dei cunicoli del castello (che eresse il suo successore Federico II di Svevia).
Ruggero pensava di poter sfuggire ai saraceni e trovare la salvezza attraverso i cunicoli del castello sul suo cavallo nero e arrivando alla spelonca di Bivona, ma fu impedito dall’incantesimo che lo riportò indietro con il cavallo e incatenò per sempre la sua anima al castello.
Nella fortificazione sveva vi sono gli avamposti dove si ponevano le sentinelle che facevano il camminamento di ronda, tenendo sotto controllo gli attacchi.
Gli Spagnoli mandano i Pignatelli da Napoli, ai quali si oppongono i Sette Martiri di Monteleone, che furono trucidati proprio nel castello dai complici del duca Pignatelli, che sottomise a tradimento la città.
Tra gli scritti di Giovan Battista Marzano c’è la sua versione di questa storia leggendaria, dato che la verità non è stata riportata dagli storiografi di corte, servi del Pignatelli, a differenza del popolo che narra una contro-storia.
Diana Recco al matrimonio della figlia del barone Lo Tufo, che aveva infeudato Monteleone per conto del Pignatelli, estrae un pugnale e uccide il messere, compiendo una vendetta attesa per dieci anni, consapevole delle conseguenze: lo fece per amore della sua patria. È dunque anche lei una antica donna vibonese e la prof. ci ha svelato la sua figura. Arrivati i Greci da Locri nel nostro territorio, insediatisi sulle coste, fondano una polis ricca e potente: Hipponion, detta “la città di Kore”. Con la metafora “i prati di Kore” si indica un luogo magico (locus amoenus), dove la fanciulla, la kore, raccoglie i fiori con le ninfe per fare una corona dedicata alle divinità. La ragazza è figlia della dea Demetra (sorella di Zeus) e nipote di Plutone, che la rapisce, la porta nell’Ade e la rende sua sposa col nome di Persefone; secondo una versione del mito il ratto di Kore avvenne sui prati di Hipponion, secondo un’altra versione invece sui prati di Enna (città siceliota).
Artemide è la dea della caccia, considerata “eterna ragazza“. Libera, autosufficiente, determinata, pietosa verso Ifigenia, che salva dal sacrificio e rende sua sacerdotessa, Diana è terribile e precisa a scoccare le frecce per uccidere i suoi nemici. Artemide possiede tanti volti, proprio come la donna di Hipponion.
La professoressa ha terminato la narrazione sulla mostra con l’illustrazione della figura della c.d. Messalina Valentina (appellativo per indicare gli abitanti di Vibo Valentia), una principessa del I secolo d.C., molto bella e con un’acconciatura elaborata, in auge alla corte dei Giulio-Claudii, ma che cadde in disgrazia e fu giustiziata. Ella aveva probabilmente dei possedimenti in zona, come la villa marittima dove la sua testa fu rinvenuta nell’ '800, oppure era imparentata con i proprietari. Davvero un’esperienza fantastica conoscere i tanti volti della donna antica!

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