Il ceppo del microbo, appena isolato, presenta utili proprietà in più campi, dall’agricoltura fino all’industria: un possibile e versatile alleato

Il nuovo ceppo del fungo Fusarium proliferatum
Gli ambienti marini, le mete più desiderate nelle estati infuocate, sono in realtà i luoghi meno frequentati da gran parte dei microrganismi. Si potrebbe dire, tuttavia, che ciò non rappresenti appieno la situazione calabrese: è di questi giorni la notizia che un nuovo fungo è stato individuato nella punta dello Stivale. La scoperta, dai risvolti interessanti, ha visto la pubblicazione sul periodico scientifico Environmental Microbiology Reports ed è avvenuta nel contesto di una campagna di monitoraggio per il Crimac (Centro Ricerche Infrastrutture Marine Avanzate Calabria).
Un fungo adattabile e versatile
L’inedito ceppo di Fusarium proliferatum è stato isolato da un campione prelevato sulle coste della Calabria meridionale, vicino alla foce del fiume Crati. L’indagine è principiata da un monitoraggio igienico-ambientale delle acque e dei sedimenti, il quale ha fatto incetta di un’ampia varietà di esemplari fungini. Il micete in questione, al pari dei propri colleghi, non si mostra ostile nei confronti degli habitat equorei; basti pensare ai macroscopici licheni, tendenzialmente nascosti su scogli o in anfratti. Si ritiene che il microbo si sia adattato da una nicchia terrestre a una salmastra, modificando potenzialmente il metabolismo in risposta allo stress ambientale.
La foce del fiume Crati, luogo di scoperta del fungo microbico
Dal completo sequenziamento del genoma e dalla successiva coltivazione su riso biologico sono emerse utili proprietà antimicrobiche e antiossidanti, in particolare contro i batteri Staphylococcus aureus (il più pericoloso stafilococco) e Listeria monocytogenes (responsabile di varie contaminazioni). La tossicità per l’essere umano, invece, non pare essere significativa, tanto da risultare funzionale ad applicazioni preziose nei campi delle biotecnologie ambientali, industriali e farmaceutiche. Tante piante, questo sì, ne vengono ordinariamente infettate, e certe popolazioni di Fusarium proliferatum sono state scovate in complessi sistemi di distribuzione dell’acqua. Si badi infatti al nome “proliferatum”, che ce lo fa trovare dall’Asia all’Africa, raggiungendo il Nord America senza dimenticare appunto l’Italia. Diversi cereali ne soffrono la patogenicità: le sue micotossine non lasciano scampo.
Organismi da sfruttare a nostro beneficio
Sempre di più, ultimamente, una nutrita molteplicità di specie fungine marine è attenzionata per un impiego nelle industrie biotecnologiche: grazie a composti organici da loro prodotti, rappresentano una promettente fonte di sostanze antimicrobiche, antitumorali, antivirali, antiossidanti e antinfiammatorie. Ne va di conseguenza una straordinaria validità in contesti medici, agricoli e cosmetici.
Oltre a ciò, tali incredibili invasori di habitat estremi sono noti per la capacità di degradare i contaminanti ecologici, comprese le terribili microplastiche. Il vantaggio capitale derivante dall’uso di microrganismi nella produzione di additivi industriali, in paragone ai metodi chimici convenzionali, sta nella minor generazione di rifiuti inquinanti ed emissioni, essendo le temperature più basse. D’altronde, il mondo sanitario sta affrontando la sfida di un aumento degli agenti patogeni multiresistenti, mitigabile esattamente con prodotti naturali alternativi.
Un’analisi molto partecipata
Ben sedici le autrici e gli autori dell’articolo (Antonio Nappo, Michela Salamone, Marco Masi, Michela Morelli, Martina Annunziata, Michele Sonnessa, Alessio Cimmino, Andrea Bosso, Rosanna Culurciello, Ilaria Di Nardo, Elio Pizzo, Maria Costantini, Valerio Zupo, Francesco Aliberti, Marco Guida e Federica Carraturo) e cinque le istituzioni di ricerca coinvolte (Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Bio-Fab Research, Stazione Zoologica “Anton Dohrn” e HoloBiotics).
Nessun commento:
Posta un commento