I dati evidenziano i comportamenti ricorrenti della popolazione, in seguito ai provvedimenti statali

«Consiglio comunale sciolto per infiltrazioni mafiose»: titoli del genere hanno smesso di sorprenderci, specialmente in una terra martoriata dalla criminalità come la nostra. Si tratta di provvedimenti sovente dovuti, ma dagli effetti a volte imprevedibili. Quale impatto determinano sulla partecipazione politica della popolazione alle elezioni amministrative? Studiando Calabria, Campania e Puglia, un nuovo lavoro di Alessia Barel per l’Università di Padova, sotto la supervisione di Marco Bertoni (esperto di scienza delle finanze), vi fa luce. Giungendo a una conclusione, per certi versi, preoccupante.
Come funziona uno scioglimento
Non in pochi casi è da indagini di routine che le forze dell’ordine si accorgono di qualcosa che non va. O magari lo si rileva da investigazioni legate al traffico di droga, al riciclaggio di denaro, alle estorsioni ovvero alla collusione. Allertato il prefetto della provincia, questi nomina una commissione trimestrale atta ad analizzare la situazione e produrre un rapporto da presentare alla Presidenza del Consiglio. Si bloccano gli investimenti comunali, si espelle la vecchia amministrazione e la si sostituisce con figure provenienti da fuori regione, in carica sintantoché non si procederà con regolari elezioni. Nel frattempo, ci si occupa privilegiatamente della formazione a prode del personale amministrativo, con la finalità di migliorare la condizione occupazionale e lavorativa della cittadinanza.
La domanda, a fronte di 386 scioglimenti occorsi dall’introduzione della legge, è una: davvero la misura è efficace nel recidere il legame tra mafie ed elettori, condizionati con la forza a votare personalità corrotte? Passando al setaccio i dati elettorali risalenti agli anni 1993-2024 e gli scioglimenti decretati dal 2000 al 2019, l’elaborato va a confrontare i trend della partecipazione al voto, prima e dopo lo stallo politico, fra Comuni sciolti e non sciolti, accoppiando città il più possibile simili rispetto alle caratteristiche popolazionali.
I Comuni sciolti in Calabria e a Vibo
In mezzo ai 50 Consigli calabresi attenzionati, se ne rinvengono 14 vibonesi: Briatico, Fabrizia, Limbadi, Mileto, Mongiana, Nardodipace, Nicotera, Parghelia, Ricadi, San Calogero, San Gregorio d’Ippona, Sant’Onofrio, Soriano Calabro e Tropea. I risultati mettono in evidenza come nella fase successiva all’intervento statale si assista a un calo della partecipazione politica, eventualmente con un suo graduale aumento nei periodi a venire. Per un verso, infatti, lo scioglimento blocca il meccanismo del voto di scambio, privando cittadine e cittadini corrotti dell’interesse nel recarsi alle urne.
Per un altro, poi, il senso civico di chi esprimeva con convinzione la propria posizione potrebbe venir meno, lasciando spazio a sentimenti di delusione e disfattismo, e sviluppando una reazione di rigetto non selettivo (ciò che sembra succedere nella maggioranza della casistica collezionata). L’esito più felice, tuttavia, è quello della ritrovata libera espressione: estinto il potere mafioso, si recupera la facoltà di far valere le proprie opinioni e, di conseguenza, chi si sentiva in passato scoraggiato ritrova lo sprone per tirar fuori dai cassetti la tessera.
Nella cattiva notizia, una speranza
L’ultima evenienza accade, per la verità, di rado, eppure può fungere da attenuante per gli ulteriori meccanismi riscontrati. A differenza dei Comuni non sciolti utilizzati nel paper, fisiologicamente quelli infiltrati non fanno che registrare una immediata diminuzione nell’affluenza alle urne. In ogni caso, lo scopo di sottrarre alle mafie il controllo del territorio è tendenzialmente soddisfatto. La sfida è renderne consapevole la cittadinanza, finalmente padrona del proprio destino.
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