Excursus storico per inquadrare le tendenze di provincia e regione, tra buone e cattive notizie

Vibo Valentia ultima provincia e la Calabria ultima regione in Italia. Ci abbiamo fatto l’abitudine, tanto da far risultare ridondante l’indicazione della statistica in questione. Stavolta il dato fotografa il mercato del lavoro. L’Ufficio Studi dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre Cgia, pubblicando “Al Nord si lavora in media 255 giorni all’anno, al Sud appena 228”, ci ha appena informato che nel 2023 il comprensorio vibonese ha registrato il numero medio di 193,3 giornate retribuite, con la retribuzione media quotidiana di 69,26 € e annua di 13.388 €.
Differenze nei settori e di genere
È questa una zona dalle ataviche questioni, come si dimostrerà passando in rassegna le principali ultime analisi sul tema, fornite dalle più riconosciute istituzioni. Secondo il report della Regione sul primo trimestre 2012, nel quadriennio precedente le imprese attive erano diminuite dell’1,6%, con 198 unità in meno e un bilancio negativo pari a 1.477 realtà. Cali soprattutto nell’artigianato, nella manifattura e nel commercio; trend contrario soltanto per alloggi e ristorazione. La crisi economica aveva contratto la forza lavoro in particolare maschile, a causa di una consistente diminuzione demografica per allontanamento dal territorio. Il medesimo ente, tornando sull’argomento nel 2016 con un ulteriore rapporto, confermava la provincia quale fanalino di coda: solo 27.000 avviamenti al lavoro nei mesi precedenti, contro i 127.550 di Cosenza. E alcun segno di ripresa si stagliava all’orizzonte.
Più positivo, al contempo, il dato sulla nuova occupazione di lavoratrici (56,71% sul totale). Riguardo alle relazioni contrattuali cessate, invece, Vibo Valentia vantava la percentuale maggiore nella differenza uomini-donne, con il 45,9%; da noi un numero maggiore di donne rispetto agli uomini aveva vissuto la conclusione di un’esperienza lavorativa, a confronto con le altre province calabresi. Percentuale più alta anche per i rapporti di lavoro cessati naturalmente: 59,28%.
Ripresa improvvisa, ma debole
Passando all’epoca Covid, lo stesso osservatorio di riferimento ricordava tuttavia, in alcuni documenti, la non trascurabile presenza di un’imponente azienda, vale a dire lo stabilimento “Tonno Callipo”, i cui prodotti sono esportati in svariati Stati del mondo. Leggera ripresa nel 2022, in base a uno studio di Confartigianato Imprese, se è vero l’incremento di 5,4 punti sulla popolazione occupata appena prima della sindemia: fu addirittura un tasso fra i migliori del Paese, dovuto probabilmente alla tragica situazione di partenza. Vibo Valentia primeggiò a livello nazionale nel settore delle manifatture (+131,8%), mentre arrivò seconda in regione per le costruzioni (+58,1%). Negativo il fronte dei servizi, con una riduzione del 7,5%.
Sempre ristorazione e turismo a farla da padroni: la provincia spiccò sulle altre con un +75,4% nella primavera 2023 in paragone a quella antecedente. Per il resto, male il lavoro indipendente (-24,9%) se accostato con l’impiego alle dipendenze (recupero del 22,2%). L’Istat, infine, ha un anno fa certificato un tasso di occupazione terribile nella fascia di età 15-64: appena il 44%, con una differenza in punti percentuali di 20,1 tra uomini e donne; disoccupazione al 14,1% e inattività al 48,8%. Nuova retrocessione, dunque, nell’occupazione, meglio nel 2022 che nel 2023.
Nessuno peggio della Calabria
La retribuzione media annua di 15.350 €, le 218,2 giornate retribuite di media e la retribuzione media giornaliera di 70,34 € assegnano la ventesima posizione in classifica alla Calabria per il 2023. Irregolarità e precarietà sistematiche ne sono le motivazioni. A quando un’inversione di tendenza continuativa nel tempo?
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