domenica 18 maggio 2025

Vibo, Giuseppe Pasquino e il suo nuovo libro: riconvertire la mafia per distruggerla dall’interno

L’opera, tra sociologia e diritto, propone soluzioni contro la piaga delle piaghe


Se ne è parlato come una provocazione quasi scolastica, un pungolo da relegare alle ipotesi di lavoro. “Solo la mafia può distruggere sé stessa. Un’evoluzione da promuovere e favorire”, presentato anche alla Libreria Cuori d’inchiostro di Vibo Valentia, è però innanzitutto il frutto di anni trascorsi a riflettere e analizzare casi di studio concreti, fatti e misfatti della città vibonese. L’avvocato Giuseppe Pasquino qui è nato, vive e opera, e qui si dedica a un’indefessa attività di “valutazione civica”, con opinioni espresse a mezzo stampa.


Uno Stato che impoverisce

L’autore è iscritto da 27 anni al locale Ordine degli Avvocati ed è cassazionista da 25. Quello pubblicato da Edizioni Clandestine, dalla lunga gestazione, è un esordio letterario a gamba tesa. Nel prologo, la domanda delle domande: si arriverà mai in Italia a giorni senza mafia, come in ogni Paese civile? La risposta, anzi, le risposte non solo sono difficili da formulare, ma talvolta perfino difficilmente accettabili dal sentire comune; percepite come azzardate, tali tesi potrebbero sembrare proposte tutt’al più fuori luogo.

La chiave della problematica sarebbe l’humus del degrado socio-economico che la sostiene, da prosciugare. Posto il fatto che decenni di sequestri, confische e interdittive hanno con notevolezza impoverito le regioni meridionali. Pretti sospetti sono spesso sufficienti per distruggere aziende e posti di lavoro, senza peraltro estirpare i condizionamenti mafiosi dal territorio. Non si tacerà dei capitali illeciti che migrano al Nord o all’estero, né di quartieri interi edificati dalla ‘ndrangheta in non poche aree del continente. Una verità che non ci si vuole sentir dire: la criminalità organizzata è vincente non perché è più forte della legge, quanto perché si nutre di un sistema che finge di combatterla; fomentando degrado, abbandono e ipocrisia, questo la alimenta.

Le nuove proposte sul tavolo

Dalla prima parte del saggio socio-politico, il cui obiettivo mette a fuoco le cause della nascita e dell’espansione delle mafie, si addiviene alla pars construens del volume, la quale delinea gli interventi utili alla società. Che dire così delle carriere in magistratura, la cui responsabilità è dirimente? Magistrate e magistrati, per l’autore, andrebbero giudicati in base all’operato, impedendo che vadano avanti per anzianità. Nel mirino di Pasquino pure il servizio sanitario «reso inefficiente per favorire il privato», la pubblica amministrazione «dove non manca il personale corrotto», le prefetture «forse troppo inclini a sciogliere i consigli comunali», il sistema universitario «permeato dal nepotismo».

L’epoca dello scontro frontale con la mafia dovrebbe essere portata a conclusione, privilegiando un espediente che ha del geniale: stimolare le sue titaniche potenzialità inespresse, virandole per il bene piuttosto che per il male. Si tratterebbe, in ultima istanza, di modificare geneticamente la stessa natura del fenomeno sociale, sorto dalla povertà per soddisfare i bisogni primari. Le pratiche soluzioni tracciate, almeno una trentina, scardinano le certezze. L’inasprimento delle pene contro chi si dimostra essere mafioso (e non contro chi magari ha la mera colpa di ritrovarsi una o un operaio alla lontana legato a qualche mafioso) si accompagna alla riconversione verso la legalità delle imprese inquinate, approdando al divieto delle confische preventive.


Senza necessità, la mafia muore

Se il lavoro c’è, la gente non delinque. L’assunto assiomatico è difficilmente negabile; ne deriva il via libera alla regolamentazione delle droghe maggiormente in circolo, non per contribuire alla loro diffusione bensì per rimuovere ossigeno alla criminalità. Testo “illeggibile” non a causa della complessità, ma in quanto esigente di continue interruzioni per gli interrogativi che riesce a porre.

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