martedì 25 febbraio 2025

Trucco e costume teatrali al Castello di Vibo Valentia con il Liceo Classico “Michele Morelli”

Un incontro condotto dalla Compagnia Teatrale Ba17 di Lamezia Terme


Catartico. Il teatro, sfuggente a qualsiasi unanime definizione, purifica l’animo e vivifica l’esistenza. Una vera e propria terapia, riconosciuta da anni a livello scientifico, talvolta necessaria per accompagnare percorsi curativi, presto svigoriti se a guarire non è innanzitutto lo spirito che ci rende umani. Per il pubblico spettatore, assistere alla messa in scena di paure e manie imperiture libera dalle stesse in un rituale comunitario quasi sacrale. E, parimenti per il corpo attoriale, rappresentare vite di personaggi estranei al Sé allontana dalle proprie debolezze; una temporanea perdita dell’identità che può tradursi in duraturo distacco dalle dolenti contraddizioni.



Workshop teatrale dei servizi educativi museali

Su questa falsariga, venerdì 21 febbraio, si è mossa l’introduzione del workshop teatrale “Costruzione della storia: trucco e costume” al Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia, in ossequio al programma dei servizi educativi per il 2025. Al laboratorio, organizzato e tenuto dalla Compagnia Teatrale Ba17, hanno attivamente presenziato la 2^ A e la 3^ E quadriennale del Liceo Classico “Michele Morelli”, guidate dall’insegnante di materie umanistiche che ha subito sposato l’invito alle scuole partito dal Castello svevo, Maria Concetta Preta. Già allo scorso appuntamento la professoressa, referente peraltro del progetto “Eulalia-La nostra Lingua Madre-Corso di Scrittura Creativa”, aveva portato studenti dall’istituto: uscite didattiche che si prevede dureranno fino al mese di maggio.

Dalla diciassettesima area di Brodmann (Ba17), zona del cervello preposta all’elaborazione delle informazioni visive captate dai bulbi oculari, prende il nome tale gruppo di professioniste e professionisti nell’arte drammatica. Un’esperienza avviata nel 2018 mettendo a sistema competenze variegate e complementari, con sede principale a Lamezia Terme e una delegazione nella Capitale. Silvana Esposito (che si occupa di scenografia, trucco e costumi) e Lorenzo Cardamone (responsabile della comunicazione) hanno interagito con la sala svelando i segreti del mestiere e mostrando fotografie scattate sui set.


Studiare prima di inscenare

In un excursus storico si sono analizzati i linguaggi espressivi del trucco e dell’abbigliamento teatrali, la cui non casuale gestione è finalizzata a valorizzare l’esplorazione del corpo. Nei tempi passati, assente la produzione industriale, erano i prodotti naturali a trasformarsi in strumenti di abbellimento grazie all’inventiva degli antichi. I frutti della terra avevano, allora come oggi, facoltà di colorare la nostra pelle, e casi di un loro utilizzo si sono registrati di recente negli indimenticati campi di concentramento, dove fanciulle e donne malmesse solevano passarseli sul volto onde celare i segni della sofferenza.

Ugualmente gli uomini in battaglia ostentavano del trucco attorno agli occhi, un nero carbone atto a incattivire artificialmente lo sguardo trapelante dagli elmi protettivi. Tanto studio precede le riproposizioni visibili sul palcoscenico, se possibile condotto non solo su materiale documentale ma anche raccogliendo testimonianze dirette; come nel caso delle comunità minoritarie calabresi, catene di trasmissione di tradizioni sopravvissute solo là.


Adattarsi alle esigenze del palco

Spettacolo fa però rima con adattamento. Ricomporre alla perfezione le tecniche di realizzazione proprie degli abiti d’epoca, confezionati con materiali e finimenti cui abbiamo perduto l’abitudine, potrebbe risultare scomodo se a indossarli sono attrici o attori chiamati a muoversi nello spazio con danze e acrobazie. La misura diviene così bussola che guida le scelte autoriali di chi lavora dietro le quinte, quella misura che i Greci indicavano con il loro “Nulla di troppo”.

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