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domenica 12 luglio 2020

Coronavirus, parla Peter Piot, ma non è lo scopritore di Ebola






Prendo il giornale e leggo di nuovi focolai in arrivo, accendo il televisore e sento di nuove pandemie prossime venture… Prima di gennaio credevamo che le arti cartomantiche non trovassero accoglienza nella società odierna, ma l’infodemia generalizzata ha agito con prontezza per smentirci.

Una delle fallacie più utilizzate di recente per amplificare il verbo dell’emergenza non conclusa è stata quella dell’ “ipse dixit”, eppure interessante sarebbe verificare se l’autorità interpellata corrisponda alla presentazione che ne viene effettuata. Il 2 luglio leggevamo su Il Messaggero “Coronavirus, il virologo che scoprì Ebola: - La pandemia è appena cominciata - ”, anticipando una intervista al belga Peter Piot. Virologo? Già il titolo mi inizia a puzzare, dopo mesi e mesi di improvvisi exploit di persone così identificate, non sempre a ragione. Fino al 2019, solo alcuni articoli giornalistici lo denominavano in questo modo, mentre il suo curriculum vitae parla più specificamente di “microbiologo”, e le due cose non sono equivalenti - la microbiologia studia i vari microrganismi, invece la virologia solo i virus - . Ma è il merito che gli si assegna il problema principale: si tratterebbe infatti dello scopritore di Ebola. Forse l’articolista non era a conoscenza di una delle interviste dallo stesso Piot rilasciate, in cui candidamente afferma di non essere affatto l’unico scopritore del virus; eppure la storia è più complicata di così. I primi 4 articoli scientifici a parlarne uscirono sul The Lancet del 12 marzo 1977, in uno dei quali Piot figura tra gli autori - non tra quelli tradizionalmente più importanti, ovvero il primo e l’ultimo citato - . Come è possibile leggere nella sua autobiografia, Piot fu coinvolto nei lavori iniziali che portarono alla successiva identificazione di un nuovo virus e nelle indagini sul primo focolaio riconosciuto, e dovette lottare per veder figurare anche il proprio nome. Grazie al team di cui era parte, il microbo venne per la prima volta isolato, ma fu un’altra squadra a comprendere che doveva trattarsi di qualcosa di nuovo: nel loro articolo proposero il nome di Ebola. L’intera vicenda così ricostruita è pacificamente accettata dai suoi protagonisti.

E siamo ancora al titolo. Anche se nel cappello iniziale del testo si smorzano i toni sbandierati nel titolo, l’imprinting iniziale è quello che conta e fornisce la chiave di lettura per il seguito. Che dire allora delle omissioni riguardo possibili conflitti di interessi dello scienziato? E’ ad esempio amico di Bill Gates, senza rivali presso l’Oms, e membro della Novartis. Se possiamo fidarci dell’allarme lanciato da Peter Piot, solo il tempo ce lo dirà con certezza.


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