domenica 6 aprile 2025

Ultima settimana per la mostra di Cesare Berlingeri a Vibo Valentia: una lettura della sua arte

Opere piegate e pensieri incidenti, capaci di sorprendere e impressionare i visitatori. L'evento è dal respiro internazionale

Se dovessero chiederci di ridurre ai minimi termini l’espressione artistica figurativa, certamente dovremmo ricondurre questa al concetto di forma. La forma, unità minima, possiede svariati attributi, di cui il colore è forse il più evidente. Essa, con la sua sapiente distribuzione nello spazio, si è sempre sviluppata nel corso dei millenni alla luce di una ricerca armoniosa del bello e del vero, seguendo una graduale evoluzione che mai ha conosciuto drastici ed esogeni traumi con il passato. Finché non comparve il fenomeno della cosiddetta arte contemporanea.


La mostra al Valentianum

“Nella piega, una linea si riversa nell’altra, in una circolarità infinita”: è uno dei pensieri leggibili sulle pareti della mostra personale gratuita “Tra le pieghe dell’arte”, firmata dal calabrese Cesare Berlingeri e in esposizione temporanea presso il museo d’arte contemporanea Limen, sito nel Complesso Valentianum, fino al 14 aprile (lunedì-venerdì 09–12:15, martedì e giovedì anche 15–16:30). L’unico esempio italiano di galleria d’arte contemporanea realizzata in una Camera di Commercio e di proprietà dell’ente camerale, con un patrimonio di 204 opere provenienti altresì dall’estero, si struttura in tre collezioni tematiche. “Scene” punta su teatralità e scenicità della figura, “Segni” propone gesti artistici contenenti in sé il senso dei messaggi da comunicare, “Geometrie” sottolinea l’uso prevalente della forma geometrica.

A tal ultima sezione appartiene “Dipinto argenteo piegato” (2009), ritenuto il capolavoro del tesoro camerale permanente, realizzato proprio da Cesare Berlingeri, di cui la mostra vuole essere un tributo alla carriera. “Nell’arte non esistono divieti temporali”, verrebbe da pensare. L’artista interpreta la materia oggetto d’arte come piega della realtà, da cui il titolo “Piegature” assegnato a questo ciclo di suoi lavori: “La piega è l’altra faccia, l’una dell’altra”. Una forma in-colore, talvolta candidamente nivea e talaltra sprofondante in densissime tonalità, sfiorando una cupezza d’abisso. “Il colore possiede in sé una bellezza propria. Il mio modello è il colore” è scritto, non a caso, in una tetra atmosfera corvina. Pigmenti che artigianalmente produce in laboratorio.


Classicità e modernità

Berlingeri, “il maestro delle tele piegate”, è rappresentativo di quell’arte contemporanea che ha rotto brutalmente con l’antico, eppure non sembra disdegnarne i modelli violentandoli. “Viviamo un’epoca in cui tutto si mischia e si confonde, dove la storia diventa un gigantesco ammasso di spazzatura non differenziata, dove un’immagine pubblicitaria di un dentifricio è importante quanto la Gioconda di Leonardo Da Vinci”.

A chi lamenta l’inesistenza dell’esistente nelle opere contemporanee, egli sembra rispondere che “La più pericolosa delle droghe esistenti è proprio il reale che inghiotte le interferenze, disturba l’immaginario, il sogno”. E pure errerebbe chi confondesse l’arte con il decorativismo, ripiegato sul provocare fascino estetico: “Se lo scopo dell’artista è solo quello di destare meraviglia per la sua esecuzione, l’artista ha fallito”!


La novità di un’arte intimistica

L’etimo di “arte” svela una connessione inscindibile con la tecnicità dell’atto, irripetibile e non seriale, e inoltre generativo di nuovi linguaggi. Il visitatore, a un certo punto, si imbatte in un aforisma spiazzante: “Diceva, James Hillman: «Credo che la vera immagine sia quella della forma interiore, della forma psichica, della forma dell’anima», ed è qualcosa che abbiamo perso. Abbiamo confuso l’immagine con il visibile”. Se l’arte racchiude l’essenza di ogni tempo, Cesare Berlingeri non è da meno. “Il mio lavoro va verso la supremazia assoluta del colore e delle sue valenze emozionali. La mia scelta è stata sempre di giocare tutto sull’opera, su una scala cromatica ridotta”.

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