mercoledì 8 maggio 2024
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mercoledì 10 aprile 2024
False credenze sotto la lente della scienza. Caccia agli errori nei materiali didattici
Le nostre vite sono intrise di convinzioni sbagliate, false conoscenze su cui non abbiamo mai riflettuto e delle quali non siamo neppure consapevoli. Non sono propriamente le fake news o le teorie del complotto, notizie e opinioni non verificate o attorno alle quali esistono posizioni differenti, ma si tratta piuttosto di credenze la cui falsità è stata dimostrata, e che non presentano alcuna discussione in merito. Ciò emerge anche nei materiali didattici usati a scuola. Il contributo ne illustra alcuni esempi.
Per un anno chi scrive ha condotto un’indagine che ha analizzato le miscredenze più diffuse nella narrazione quotidiana presenti anche a scuola, sottoponendo al vaglio circa un centinaio tra recenti libri cartacei e documenti digitali pubblicamente reperibili in rete per il primo ciclo di istruzione, su cui è stata focalizzata l’attenzione insieme a persone esperte per ciascuna misconcezione scoperta, opportunamente interpellate e coinvolte nello studio, pubblicato integralmente nel libro L’acqua è blu ma non a scuola edito da Vertigo Edizioni. Con queste persone è stata valutata l’adeguatezza educativa degli argomenti interessati e le attuali modalità di presentazione nei programmi scolastici, fornendo inoltre suggerimenti basati sull’esperienza onde evitare l’involontario perpetuarsi di tali errati cliché. Per il recupero dei libri di testo, talvolta ancor prima della loro adozione in classe, si ringraziano le seguenti realtà ferraresi: l’Istituto Comprensivo Alda Costa, il Doposcuola di Santo Spirito e il Gruppo Scout Ferrara 3.
Per ognuno dei dieci temi attenzionati nella ricerca è stata ricostruita la storia della diffusione e della smentita scientifica. A titolo di esempio sulle credenze esaminate, si citeranno in questo contributo quelle relative alle abitazioni preistoriche e all’evoluzione lineare.
Riguardo gli insediamenti preistorici, oggi il quadro appare piuttosto chiaro (Guidi, 2002): durante l’Età della Pietra i luoghi per proteggersi più utilizzati erano i rifugi naturali, eravamo ancora nomadi e di tanto in tanto ci servivamo delle caverne senza però farne delle abitazioni permanenti; al loro interno svolgevamo principalmente attività religiose, ludiche e di sepoltura, mentre per vivere costruivamo soprattutto capanne (Otte, 2012). Tutti gli esseri viventi oggi presenti sul nostro pianeta sono però frutto di un processo evolutivo (Pievani, 2010): si indica così un qualsiasi tipo di cambiamento degli organismi nel corso delle generazioni, sia morfologico sia comportamentale, non già un necessario miglioramento o progresso orientato a una versione più intelligente e avanzata dell’organismo stesso (Tuniz et al., 2013); non esiste cioè una linea univoca di ascendenza-discendenza (Consigliere, 2018). Lo stereotipo che vede i nostri antenati come cavernicoli sembra difficile da estirpare e anche a scuola molte sono le imprecisioni quando il tema da studiare è la loro vita quotidiana. Secondo l’antropologo Marco Peresani, la presenza di questo argomento nei programmi di scuola primaria e secondaria di primo grado è senza dubbio adatta, non solo perché permette di capire che l’essere umano non è sempre stato così come è oggi, ma anche per il fatto che venire a sapere di un’altra umanità che viveva insieme a noi fino a qualche decina di migliaia di anni fa può essere utile per avere uno sguardo diverso nei confronti di chi ci sta attorno, nei confronti delle nostre abitudini e in ultima istanza nei confronti della stessa natura e della nostra Terra. Per soddisfare l’argomento si dovrebbe partire innanzitutto dai dati legati al clima e all’ambiente: è stata questa la nostra forza di adattamento che ci ha permesso di diffonderci su tutto il pianeta, e anche sottolineare il susseguirsi di periodi climatici diversi nella nostra storia, come le varie ere glaciali, può essere utile a comprendere la continua trasformazione a cui è sottoposta la Terra. Inoltre si debbono sottolineare non solo le nostre caratteristiche, ma anche quelle dell’altra grande specie, i Neanderthal, diversi da noi per alcuni aspetti, ma sorprendentemente simili per altri. Purtroppo la storiella delle caverne è molto complessa da correggere, tuttavia i risultati migliori per la comprensione dei nostri antenati si hanno nel momento in cui ci si avvicina sul serio ai resti che loro ci hanno lasciato, quando cioè, per esempio, si entra realmente nelle grotte da loro affrescate, o ci si reca a visitare i musei limitrofi, che al giorno d’oggi, grazie alle nuove tecnologie, permettono di fare un viaggio nel tempo e comprendere a fondo come era la vita migliaia di anni fa. Le classi che vengono portate fuori dalle loro aule in queste occasioni rispondono sempre bene a tali stimoli, è un’emozione calpestare questi suoli ricchi di storia e di arte. Esistono ormai numerosissimi volumi divulgativi sull’argomento, da preferire rispetto alle informazioni che circolano in rete, perché spesso e volentieri sono errate e pertanto assolutamente non adatte per essere utilizzate nel contesto scuola. Anche per le persone più giovani esistono risorse e libri che raccontano questa storia in maniera semplice e affidabile. In qualsiasi caso, però, è consigliabile prediligere soprattutto gli studi effettuati da chi materialmente si reca nei luoghi per scavare e tirare fuori i reperti archeologici, senza affidarsi troppo a chi invece scrive libri da casa sua e non ha un contatto diretto con gli oggetti e le analisi. Capita, infatti, di trovare parecchie imprecisioni in testi del genere, smentite da ritrovamenti e studi recenti.
Affacciarsi al tema dell’evoluzione, e in special modo afferrarne il meccanismo, può essere tutt’altro che immediato e scontato. Esistono vari materiali, utilizzabili a scuola, molto validi, in grado di dimostrare questo assunto. Per di più, attualmente nei primi anni della primaria si tende a incrociare alcuni argomenti di storia e scienze prima di iniziare a parlare delle civiltà del passato, e dunque proprio l’evoluzione è fondamentale per comprendere le origini non solo di ogni essere vivente ma specialmente nostre. Bisognerebbe aver chiaro e far capire che abbiamo di fronte due ordini diversi di dati a nostra disposizione: un primo livello è costituito dalle informazioni paleontologiche, cioè oggetti fisici recuperati e analizzabili; il secondo invece, che è successivo, consta di tutte quelle interpretazioni antropologiche che derivano dai dati primari, ma che allo stesso tempo li superano. In quest’ultimo caso, pertanto, c’è da prestare attenzione, poiché tali rappresentazioni possono essere sia vere sia false, ma in qualunque caso non sono certe. Francamente non si riesce a capire, comunque, come mai ancora oggi nei libri di scuola siano presenti approcci abbandonati dalla comunità scientifica oramai da decenni.
L’impegno nell’informazione e nell’educazione delle giovani generazioni può davvero fare la differenza. Divulgare correttamente contenuti scientifici a tutti gli strati della società non solo è possibile, ma è doveroso, se si vuole attuare un’auspicabile partecipazione democratica in grado di prendere decisioni opportune e sensate, supportate da una solida conoscenza e consapevolezza.
Forniamo ai bambini e ai ragazzi che guidiamo con la nostra educazione gli strumenti per vivere una cittadinanza attiva. Se non siamo noi in prima persona a verificare le informazioni che consegniamo, possiamo forse pretendere che siano loro a farlo al posto nostro?
venerdì 22 dicembre 2023
Recensione di Maria Concetta Preta
domenica 24 settembre 2023
Recensione di Zoom24
martedì 19 settembre 2023
Recensione di The Dailycases
Recensione de L' Isola che non c'è
Intervista per Vertigo Edizioni
domenica 25 ottobre 2020
Onu: tra diritti umani e fake news
Il voto di rinnovo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha fatto molto parlare di sé, tuttavia l’espressione dei propri personali punti di vista non giustifica l’affermazione di avvenimenti o condizioni prive di riscontri o verifiche. Il Giornale ha pubblicato la notizia il 14 ottobre, “Ai diritti umani l'Onu vota Cina Cuba e Russia”, alternando dati accertati con pure speculazioni. Già la prima frase, “Se sbatti in galera gli studenti di Hong Kong che chiedono libertà e vera democrazia, avveleni gli oppositori, tagli a pezzi un giornalista scomodo e trasformi una rivoluzione in dittatura”, contiene tre affermazioni non verificate. Il riferimento del primo pensiero è alla Cina, accusata di reprimere le “manifestazioni pro democrazia”: si tratta di una visione faziosa, difendibile, che non tiene in considerazione la posizione governativa cinese, contraria al sostegno degli Stati Uniti nei confronti delle proteste - tale appoggio finanziario è riconosciuto unanimemente - . Da un lato, uno Stato che tenta di sedare contestazioni atte a modificare la costituzione nazionale; dall’altro, uno Stato estero che le appoggia economicamente. Il secondo inciso ha invece come bersaglio la Russia, in merito alla quale si parla dei “troppi avvelenamenti, come quello che ha mezzo ammazzato l'oppositore Alexei Navalny”; un oppositore che però non ha alcun peso in Russia ed è praticamente sconosciuto, oltre a essere fortemente legato agli Stati Uniti. Mai sono state fornite prove in grado di dimostrare le accuse di avvelenamento, neppure in questo caso. Ma la terza perla è riservata all’isola ribelle, Cuba, trasformata in “dittatura a conduzione familiare”: si è di fronte, stavolta, a una visione eurocentrica e filoccidentale che prescinde dalla complessità della questione - né tutto il popolo cubano disprezza il governo, né è adeguato trasferire le nostre categorie concettuali a una società differente - . Su Cina e Russia l’articolo continua poi con altre due inesattezze. Si sostiene che la minoranza musulmana degli uiguri venga “«rieducata» dai mandarini comunisti con metodi da lager”, ma non sono disponibili argomenti definitivi né a sostegno né in contrasto con tale credenza. A Putin, d’altro canto, si addossa la colpa di appoggiare Lukashenko, “l'ultimo dinosauro dell'era sovietica in Europa”, non rimembrando il supporto statunitense alle attuali proteste, con ingentissime quantità di denaro investite in progetti interni alla Bielorussia. Uno Stato è dunque autorizzato a fare ingerenza, mentre un altro no?
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