domenica 27 aprile 2025

È Pasqua anche per gli ortodossi: comunità di Vibo in festa negli stessi giorni dei cattolici

La divergenza tra i calendari risale alla riforma gregoriana e non mancano i tentativi di conciliarli


Fede personale e spirito comunitario. Sabato 19 aprile la città di Vibo Valentia ha visto attendere trepidante la risurrezione di Gesù Cristo pure da parte delle e dei credenti ortodossi, fratelli dei cattolici nella condivisione del medesimo credo, risalente alla Chiesa indivisa. La celebrazione è avvenuta nella chiesa di Sant’Omobono, sulla Cerasarella, tenuta in lingua italiana e ucraina dai protopresbiteri padre Vincenzo Lorizio (parrocchia vibonese di San Sofronio di Essex) e padre Igor Shvets (parrocchia gioiese dei Santi Boris e Gleb), chierici della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed esarcato per l’Europa meridionale.

Il calcolo astronomico della Pasqua

La coincidenza delle due Pasque cristiane è ogni volta un evento festoso e, contestualmente, di riflessione sui motivi della discrepanza temporale. Studiarne le cause remote obbliga a risalire all’adozione del calendario gregoriano in Occidente e poi per il quasi intero pianeta, occorsa a fine Cinquecento grazie al romano pontefice Gregorio XIII. Lo scollamento fra il datato calendario giuliano e il movimento della Terra si era ormai reso enorme e inconciliabile. Un nuovo computo del tempo prese le mosse esattamente dalla vittoria cristica sul regno della morte e, spesso dimenticato, ne fu autore fattivo il medico e astronomo calabrese Luigi Giglio. Questi, con la collaborazione del fratello Antonio, propose soluzioni che costituirono l’elemento portante della riforma, e il suo testo ricevette l’unanime approvazione da ciascun sovrano e Università cui il papa lo aveva inviato per un esame generale.

Con il provvedimento, per la Pasqua, si volevano operare due correzioni: riportare a data reale l’equinozio di primavera, allontanatosi di dieci giorni dal 21 marzo che il Concilio di Nicea aveva indicato; rimettere il plenilunio pasquale al posto che gli spettava, rispetto al quale si era allontanato di almeno quattro giorni. Il primo concilio ecumenico (325 d. C.) desiderava così, caratterizzando la domenica successiva all’equinozio primaverile come solennità di Pasqua, archiviare la questione dei quartodecimani, che pretendevano di rammemorare il “Passaggio” nella data originale ebraica, quand’anche non si fosse verificato nel giorno del Signore.




Perché due date differenti

Furono invece problemi politici a impedire a Costantinopoli l’accoglienza del calendario gregoriano: l’autorità ottomana temeva un pericoloso avvicinamento con Roma, minaccia per l’unità dell’impero; non ci si doveva scostare dal tradizionale calendario, cui sostanzialmente tuttora si ancorano le chiese ortodosse.

Il principio alla base della data pasquale non cambia, è quello normato a Nicea; è piuttosto la sua applicazione a due calendari diversi a determinare lo sfasamento della solenne domenica. Rivoluzionario, pure in tal senso, fu lo storico Concilio Vaticano II, disponibile a rivedere quanto fino all’epoca statuito purché si addivenga a una data comune per l’ecumene cristiana.





Dialogo ecumenico fra Oriente e Occidente

Passi in avanti per venirsi incontro e armonizzare le Pasque confessionali sono stati di recente condotti da entrambe le parti. Nel 1982 la seconda Conferenza panortodossa di Rodi confermava l’evidente inesattezza del giuliano, sentenziando tuttavia a livello pastorale l’impreparazione delle e dei fedeli a un eventuale simile cambiamento. Mentre nel 2001, profittando di un’altra convergenza della data pasquale (15 aprile), Giovanni Paolo II suggellava la “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani” incoraggiando la messa a punto di un consenso ecumenico. Auspici, in ogni caso, che tradiscono un prezioso intendimento di fraternità, fondata su un comune bagaglio culturale e spirituale. Tanto si respira nel magnogreco municipio valentino.

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