sabato 24 agosto 2024

Da Papaglionti un forte messaggio di rivalsa culturale: rivalutiamo le tracce del nostro passato!

Una giornata all'insegna dell'avventura, tra "grotte" romane e borghi diroccati. I turisti hanno scelto la cultura in una afosa domenica di luglio


Con le oltre cento partecipazioni certificate, la vittoria della manifestazione è uno schiaffo in faccia alla rassegnazione e all’indifferentismo. Le cose possono e devono cambiare, anche da queste parti: e la cultura ne è volàno irrinunciabile, se promossa da gente preparata e all’altezza.

L’Archeoclub d’Italia Aps – “Armos” di Rombiolo, con il patrocinio istituzionale e un contributo concreto del Comune di Zungri, ha presentato domenica 28 luglio la seconda giornata archeologica, ecologica e ambientale intitolata ‘Alla scoperta del territorio’, con una visita guidata presso la Villa romana di Papaglionti.


La sezione nacque a seguito di una scoperta avvenuta esattamente tre anni or sono, quando un rilievo Gps planoaltimetrico dimostrò l’esistenza di grotte prima sconosciute a Pernocari, lungo la parete di un pianoro.


Coinvolte le maggiori figure locali, espressione delle discipline pertinenti all’occasione, si procedette con la pulizia del sito e una mappatura dell’area, estendendo lo studio all’intero circondario.

Nelle vallate circostanti si superarono le cento cavità contate, tutte nel solo territorio di Rombiolo.

Traendo ispirazione da un’antica parola greca che significa “taglio”, si costituì e fu fondata Armos nel 2022: quelle spelonche sono difatti di natura antropica.

Le visitatrici e i visitatori sono stati inizialmente edificati dal racconto di tale mitica storia, con la visione in un’ala del Palazzo Casino Di Francia – vecchio casale appartenente ai duchi monteleonesi Di Francia, che nel feudo di Papaglionti godevano di piacevoli ritiri dalla città – delle locandine di passati eventi e di opere realizzate dall’artista Pantaleone Rombolà.

Lo scopo precipuo della sede, da statuto, è la conservazione del patrimonio archeologico-storico-ambientale, condividendo con il pubblico i risultati delle ricerche condotte.


La mattinata è stata dedicata a un bene già noto nel settore e oggetto di approfondimenti persino all’estero, eppure quasi totalmente ignorato proprio da noi: l’ipogeo di epoca romana, datato al I secolo a. C., detto Grotta – più correttamente “Villa” – di Trisulina.


Un manufatto restaurato a fine Settecento a cui forse, secondo qualcuno, non mancò di metter mano l’illustrissimo architetto napoletano Luigi Vanvitelli, autore della maestosa Reggia di Caserta.

Storia e leggenda si fondono, in effetti, in questa che pare fosse una cisterna, non scavata bensì eretta dai Romani; il resto della costruzione dovette essere spoliato, con i materiali che andarono a rimpinguare le risorse necessarie per altri progetti, quale l’edificazione di Mileto da parte di Ruggero il Normanno.


Scavi sistematici non sono mai stati finanziati, al massimo si sono potuti intraprendere confronti con altre strutture che la ricordano.

Si vociferava che un misterioso tesoro vi fosse nascosto, recuperabile solo a costo di superare alcune prove di coraggio: tra i vari segni sulle pareti, che in origine volevano suggestivamente simulare inesistenti attività di scavo, si distinguono anche adesso tentativi di infrangere la roccia alla ricerca del tesoro.

Ma chi era Trisulina? Una enigmatica donna, coperta da un velo nero, posta a custodia del segreto.

Dopo aver esplorato l’anfratto, in cui si respirava l’eco delle fantomatiche trovature – ritrovamenti fortuiti di tesoretti sepolti sottoterra – , l’avventura è proseguita nel borgo fantasma di Papaglionti, già parte delle campagne circostanti la colonia di Hipponion e successivamente pertinenza di Valentia con rilevanza commerciale.

Dall’erba si stagliano un imponente arco un tempo inserito in un palazzo – erroneamente ritenuto un acquedotto – e una diroccata chiesa rurale distrutta dall’alluvione degli anni Cinquanta – si immagina fosse dedicata a S. Pantaleone – .


La sensibilizzazione, se forma la coscienza comune, trasfigura l’eredità culturale come valore in sé.

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