Da quando la vita ha lasciato il posto alla sopravvivenza,
facendo dimenticare che i rischi del vivere sono connaturati nell’esistenza
stessa, il timore di smarrire la salute è divenuto il nuovo comun
denominatore a tutti i componenti della nostra società. Una paura
irrazionale, tuttavia, che non sa concretarsi in una cosciente acquisizione
di modus vivendi sani e profilattici.
Business
Insider Italia, che già avevo segnalato per disinformazione
scientifica, è tornato lo scorso 28 agosto ad alimentare gli allarmismi
ingiustificati degli ultimi tempi: “Ora c’è la conferma: di Covid ci si
può ammalare di nuovo. Ma il vaccino servirà comunque”. E invece la realtà è
diversa: non c’è alcuna conferma. Lo studio
citato, il cui testo
originale è stato accettato ma non ancora pubblicato in via definitiva, per
cui è suscettibile di interventi correttivi, presenta l’ipotesi di un
caso di reinfezione da Sars-Cov-2, che nulla ha a che vedere con
il ritorno di una malattia, in questo caso la Covid-19. L’uomo
incriminato, che a seguito di alcuni sintomi primaverili riconducibili a tale
patologia era risultato positivo al test del tampone, ed è stato perciò
ritenuto da essa colpito, al ritorno da un viaggio è stato sottoposto a un
ulteriore tampone nel mese di agosto, rivelandosi nuovamente positivo, ma in
totale assenza di sintomi. Le analisi condotte hanno evidenziato sia la probabile
presenza di una immunità nel paziente conseguente alla prima infezione, sia
l’appartenenza a due ceppi diversi del virus individuato nelle due
occasioni. Addirittura, “il ceppo virale rilevato nel secondo episodio è completamente
diverso da quello trovato nel primo”, nonostante l’articolo italiano parli
di “una varietà leggermente differente”. Ma anche un’altra sbrigativa affermazione
si discosta dai contenuti del manoscritto: “la sua carica virale era comunque
alta. Il che significa che avrebbe potuto infettare altre persone”, mentre piuttosto
la contagiosità
è fortemente condizionata dalla presenza di sintomi, e infatti di ciò non si
parla nel testo del paper. L’accento, infine, viene spostato sulla questione
vaccini, ma pure in questo caso lo studio originale sembra mostrare uno
scenario differente. I risultati ottenuti farebbero pensare, infatti, che i
vaccini contro il nuovo coronavirus potrebbero, testualmente, non essere in
grado di fornire una protezione permanente contro il malanno. A ogni
modo, comunque, non è affatto dimostrato al momento che un eventuale vaccino “proteggerebbe
in ogni caso dall’eventualità di ammalarsi gravemente”. Ciò non è ancora certo,
né può essere esteso all’intera popolazione.
Il nuovo studio non menziona casi di una ricaduta da Covid-19, mai
dimostrata scientificamente. Semplicemente, testimonia la possibilità,
considerata rara, di avere esito positivo al tampone anche dopo aver avuto
sintomi in passato. E i dubbi sul vaccino si mantengono tuttora.
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