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sabato 6 ottobre 2018

INTERNAZIONALE 2018 Scienza diviso umanesimo, uguale: fanatismo



Rispettavano la natura, la amavano, quasi la idolatravano, come fine a se stessa, come massimo valore. Poi una nuova ideologia, un nuovo desiderio prendono il sopravvento: il bisogno di avere un figlio. E tutto cambia.
Non è stato facile avere Paolo Giordano quest’anno per la prima volta al Festival di Internazionale a Ferrara, visti i suoi numerosi impegni a seguito dell’uscita in libreria di ‘Divorare il cielo’, romanzo best-seller dalla primavera scorsa. ‘Gli scienziati raccontano’, incontro organizzato dal Master di primo livello dell’Università di Ferrara ‘Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza’, si è svolto venerdì 5 ottobre presso il Dipartimento di Economia e Management. A incontrare lo scrittore, nonché fisico teorico di formazione, il giornalista scientifico Michele Fabbri, fiero di esser parte del master Unife che – ha ricordato alla platea – esiste da ben diciotto anni e ha prodotto ormai più di 800 persone esperte, italiane e non.


La posizione di Fabbri è chiara. Intervistato da Ferraraitalia, ha confermato come sia questa la via maestra per perseguire una vera comunicazione scientifica: “non una semplice divulgazione che cerca di spiegare il difficile con parole semplici, ma una comunicazione in grado di far comprendere come la tecnoscienza si articola nella vita quotidiana; la nostra sfida è formare coloro che formeranno, coloro che si porranno come interfaccia tra chi fa scienza e chi no”. Eh sì, perché il momento storico che stiamo vivendo è, a detta dello scienziato divenuto autore letterario, peculiare: “il divorzio tra racconto e scienza, in tutti i sensi, è sofferenza per la cultura”. Una spaccatura, quella tra sapere umanistico e sapere scientifico, che si realizza molto presto nella vita delle persone, addirittura già alle scuole elementari, quando una parte fondamentale del sapere viene presentata come oscura e violenta, provocando di fatto un istintivo disamoramento che mai potrà venir meno. Giordano, invece, non ha abbandonato un mestiere per intraprenderne un altro. Le opere della sua seconda vita sono profondamente intrise di temi scientifici, estremamente attuali e prorompenti.

Non ci è permessa, oggi, la non comprensione della scienza: se ciò poteva anche essere sopportabile nel passato, oramai è impensabile. Molte sono le sfide etiche che i sempre incessanti progressi della tecnoscienza ci presentano, ma il tempo per metabolizzare tutto questo non è mai sufficiente. E se non si afferrano i termini delle questioni, il rischio è quello di affidarsi all’istinto, all’intuito, se non all’indole o al momento contingente. Amos Oz lo chiamava “gene del fanatismo”: un gene presente in ciascuno di noi, ma attivabile dal contesto che si vive. E, forse, il nostro tempo sta collaborando all’attivazione di molto fanatismo, da una parte e dall’altra, senza vie di mezzo. “C’è ancora molto da fare nella comunicazione scientifica attraverso la letteratura”, ci confessa ancora Giordano dopo l’incontro. “Basti pensare che molti libri narrativi con temi scientifici partono da un livello di complessità medio-alto, perché è difficile partire da più in basso”.
Avevano amato la natura, così com’era, ma ora volevano un figlio, ed essa non glielo concedeva. Eppure la soluzione era là, una via contraria alla precedente. La fecondazione assistita.

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