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venerdì 24 novembre 2017

Giornalaio non è giornalista



Il giornalismo esiste ancora. Non è morto, sopravvive coraggioso al dilagante piattume disinformativo dei media tradizionali, monco di appoggi e visibilità, ma forte di un’etica comunicativa che non può essere tradita. I suoi luoghi non sono le televisioni o i grandi megastore. Sono piuttosto il web e le piccole librerie, dove non si è sopita l’abitudine di fare pensiero: divergente, se necessario.


Un momento dell’incontro
E’ accaduto così che martedì pomeriggio mi sono trovato, presso la libreria Sognalibro di Ferrara, a partecipare a un dialogo pubblico tra due grandi giornalisti emiliani, Gian Pietro Testa e Gianni Flamini, autore di inchieste sul terrorismo e la politica: ultima in ordine di tempo ‘Maschere e tresche. Il terrorismo da Obama a Trump. Strutture, dinamiche e retroscena globali’ edito da Castelvecchi quest’anno.
Due gentiluomini d’altri tempi, leggende viventi del giornalismo italiano, che nonostante il trascorrere del tempo continuano imperterriti a svolgere il proprio lavoro: informare.
E’ molto chiaro Flamini: “tutti i nostri media sono controllati, per sapere cosa succede nel mondo bisogna guardare altrove”. Quell’‘altrove’ è oggi internet, l’unico mezzo ancora impossibile da manipolare. Ci provano, attraverso il controllo delle cosiddette ‘fake news’, ma senza successo. “Grazie alla rete – continua Flamini – è possibile infatti consultare ogni giorno le agenzie di tutto il mondo”, mettendo insieme i dati e verificando quali sono più o meno attendibili, e soprattutto “evitando di rimanere vittime della grande narrazione occidentalista imperante”. La Storia, si sa, la scrivono i vincitori e la Storia ufficiale degli ultimi cento anni non è ancora stata cambiata. Peggio ancora, l’esistenza di dibattiti storici è persino sottaciuta o risibilmente derisa. “La Storia del passato”, ammonisce Gian Pietro Testa, “è in realtà la Storia del futuro”. Facile dimostrarlo: basta guardare la situazione internazionale di oggi: “Siamo in guerra permanente ormai da decine e decine di anni, con l’Italia sempre in prima fila”, a causa della sua – la nostra! – appartenza alla Nato. “E’ almeno da Pearl Harbour che gli Stati Uniti si impegnano a provocare tensioni, focolai e vere e proprie guerre in giro per il mondo. Noi italiane e italiani lo sappiamo bene, visto il terribile periodo del terrorismo che abbiamo dovuto affrontare nel nostro Paese – ha continuato Testa – Eppure, quante volte viene ricordato il ruolo direttivo rivestito dalla Cia, sin dalle prime elezioni politiche?”
“Non sono bastati”, tuttavia, “neppure la Jugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, l’Ucraina o la Siria per far prendere coscienza al nostro popolo dei terribili crimini di complicità di cui ci stiamo macchiando”. E’ forse un nostro vanto l’utilizzo di aerei italiani da parte della – democraticissima – Arabia Saudita per bombardare donne, uomini, bambine e bambini yemeniti?

E mentre l’Isis sta diventando un ricordo del passato, grazie alla efficace – ma ‘russofobicamente’ biasimata – azione dell’esercito russo insieme con quello del legittimo governo siriano, nuovi obiettivi spuntano all’orizzonte nel vero e proprio puzzle del Medioriente, Libano in primis. Su chi contare? La risposta non può che essere una: su chi è davvero in grado di informarsi e di comprendere la pericolosità di un’alleanza guerrafondaia. Il popolo del web ha gli strumenti per poter sapere, decidere e agire. Il mondo non aspetta. Ma una speranza c’è.

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